Milano, capitale finanziaria d'Italia, registra un altissimo numero di segnalazioni di operazioni a rischio riciclaggio (Ouael Ben Salah/Unsplash)
Milano, capitale finanziaria d'Italia, registra un altissimo numero di segnalazioni di operazioni a rischio riciclaggio (Ouael Ben Salah/Unsplash)

Antiriciclaggio, i comuni faticano a segnalare i presunti affari illeciti

Poche amministrazioni denunciano gli investimenti sospetti di quei privati che vogliono ripulire i proventi di attività illecite: nel 2020 soltanto quattro segnalazioni sulle 113mila ricevute dall'Unità di informazione finanziaria. A Milano, però, Palazzo Marino tenta di fare scuola

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Avviso PubblicoEnti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie

14 luglio 2021

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Sempre più spesso le amministrazioni comunali si trovano a trattare con soggetti che non hanno un volto. Eppure sono pochissimi quei comuni che trasmettono all’Unità di informazione finanziaria (Uif), l’autorità italiana antiriciclaggio, le segnalazioni di operazione sospette (sos), cioè quegli “alert” su transazioni economiche dietro le quali potrebbero celarsi investimenti di denaro frutto di attività illecite. Nel corso del 2020 sono partite soltanto quattro segnalazioni sulle oltre 113mila ricevute dall'Uif: "Le comunicazioni trasmesse dalla pubblica amministrazione risultano anche quest’anno estremamente limitate", si legge nel rapporto presentato il 24 giugno scorso.

Certo, per chi gestisce risorse pubbliche e ha relazioni con le imprese private oggi è più difficile che mai districarsi tra società con strutture opache e transazioni finanziarie complesse. Lo è soprattutto in tempi di covid, quando la crisi economica colpisce anche le casse di una città e i capitali privati diventano fondamentali. Altrettanto fondamentale, però, è il complesso lavoro per illuminare le zone grigie. Gli enti locali, quindi, si trovano a dover far quadrare il cerchio dei piani anticorruzione per prevenire e denunciare le attività di infiltrazioni delle mafie nell'economia.

Dentro l'antiriciclaggio. Intervista al direttore Uif Claudio Clemente

L’obbligo delle Pa e l’Uif

“Con il Comune di Roma sono stati avviati contatti finalizzati a fornire all’Uif flussi informativi sulla titolarità degli esercizi commerciali per intercettare, a livello locale, possibili infiltrazioni criminali nel tessuto imprenditoriale"Rapporto 2020 - Unità di informazione finanziaria

In base alle norme antiriciclaggio, alcuni attori economici hanno l’obbligo di comunicare all’Uif i loro sospetti sulle operazioni economiche che li coinvolgono. Tra questi attori, oltre ai dipendenti della banche o degli uffici di cambio, i notai, i commercialisti e molti altri, ci sono anche le amministrazioni pubbliche, gli enti pubblici nazionali, le società partecipate e le controllate, ma anche le società di riscossione dei tributi. Stabilire quale sia un’operazione sospetta è una valutazione che le Pa devono compiere sulla base di alcune spie. Ad esempio, nel corso di una gara d’appalto o nella valutazione per la concessione di una licenza, un dipendente pubblico potrebbe notare che la società ha la sua sede in Paesi considerati a rischio perché non consentono l’identificazione dei proprietari e dei controllori; oppure ha “assetti proprietari, manageriali e di controllo artificiosamente complessi od opachi”, o ancora è in mano a qualcuno “notoriamente” legato a persone nei guai con la giustizia oppure a persone con incarichi pubblici o politici. I casi individuati dall’Uif sono molti.

Considerato il bassissimo numero di segnalazioni dai comuni, l’Uif da tempo cerca di instaurare delle collaborazioni. “Con il Comune di Roma sono stati avviati contatti finalizzati a fornire all’Unità flussi informativi riguardanti la titolarità degli esercizi commerciali e le relative variazioni nel tempo – si legge nell’ultimo rapporto –. La disponibilità di queste informazioni costituisce la base per definire una metodologia di analisi volta a intercettare, a livello locale, possibili infiltrazioni criminali nel tessuto imprenditoriale. Inoltre si sono svolte interlocuzioni con i Comuni di Milano, Firenze, Ragusa e con organismi regionali di controllo finalizzate all’individuazione e condivisione dei rischi di distrazione di fondi pubblici nell’ottica di incrementare la collaborazione attiva antiriciclaggio”. Tra il 2014 e il 2015 dalla collaborazione con il capoluogo lombardo è nata la lista di indicatori per le pubbliche amministrazioni.

Crimini dei colletti bianchi, anche i ricchi delinquono

Milano cerca nuovi strumenti contro il riciclaggio 

Capitale finanziaria dell’Italia, Milano è al centro di un’area in cui si registra il più alto numero di operazioni sospette. Da tempo il Comune di Milano tenta di blindare la figura del “titolare effettivo” delle attività, in modo da dare un volto a chi vuole trattare con il comune. Battaglia non facile visto che il decreto del ministero dell’Economia e delle finanze per il Registro dei titolari effettivi, previsto peraltro da una direttiva europea, si è fermato al Consiglio di Stato in attesa di chiarimenti dallo stesso ministero. Palazzo Marino vorrebbe rendere obbligatoria la verifica dell’identità della controparte della Pa in operazioni economiche, concessioni, affidamenti, finanziamenti e appalti. Ma l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), a cui Milano ha chiesto un parere, ha risposto che le leggi in tema di anticorruzione bastano a blindare le amministrazioni pubbliche. Ma Milano non ha intenzione di mollare e ha subito chiesto un nuovo parere perché – dicono dalla segreteria generale del Comune – “i cittadini hanno diritto di sapere chi maneggia i loro soldi e questo è possibile solo quando l'interlocutore è certo”. È chiaro quindi che chi viene a contatto con le amministrazioni pubbliche, utilizzandone il suolo o i beni, chi è interessato a operazioni commerciali di una certa rilevanza o gestisce convenzioni urbanistiche, che spesso rappresentano interventi importanti nelle città, deve operare in piena trasparenza. Ma se al posto di chi effettivamente ci mette i soldi, il comune si trova davanti un groviglio di scatole societarie, viene a mancare il rapporto diretto che consente di blindare certi percorsi amministrativi, operando alla luce del sole.

C'erano una volta i paradisi fiscali. E ci sono ancora

Tra il 31 marzo 2014 e il 31 dicembre 2020 Palazzo Marino ha effettuato 24 segnalazioni all’Uif per 336 operazioni sospette del valore di 177.179.744,50 di euro

È in questo quadro nebuloso che si creano le condizioni perfette per le organizzazioni criminali, libere di muoversi nei meccanismi del riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite. E i comuni – tenuti a trasmette le sos all’Uif – si trovano con le armi spuntate. Per questo comuni come Milano battono i piedi per aprire una strada obbligata verso l'identificazione dei finanziatori effettivi. I numeri sono impressionanti. Secondo le analisi svolte dall’unità antiriciclaggio del Comune di Milano in stretta collaborazione con la commissione antimafia cittadina, tra il 31 marzo 2014 e il 31 dicembre 2020 il Comune ha effettuato 24 segnalazioni all’Uif, per 336 operazioni sospette del valore di 177.179.744,50 di euro, dietro cui si nascondono 473 movimentazioni di valuta. È evidente che quando il soggetto privato si nasconde dietro strutture societarie opache e il comune non è in grado di venirne a capo, allora quello è un chiaro indicatore di operazioni a rischio riciclaggio.

Cos'è la zona griga?

Operazioni sospette durante la pandemia

Nei primi cinque mesi dell'anno sono già state segnalate 1.796 operazioni sospette riferibili alla pandemia per una cifra di quasi 2 miliardi di euroRapporto Uif 2020

Durante la pandemia, a livello nazionale le operazioni sospette legate alla gestione dell’emergenza sono state 2.277 per un valore totale di oltre 8,3 miliardi di euro. Dietro queste segnalazioni – avverte l'unità - “si nascondono operazioni legate alla compravendita di materiale sanitario e di dispositivi di protezione individuale cui si sono aggiunti, successivamente, l’erogazione e l’utilizzo incongruo di finanziamenti garantiti o contributi a fondo perduto”. Guardando la mappa 2020 della distribuzione geografica di queste segnalazioni, al primo posto vediamo il Lazio con il 18,7 per cento, seguita dalla Lombardia con il 14,4 per cento, davanti all'Emilia-Romagna all'8,8, alla Campania all'8,5 e al Veneto al 7,6 per cento. Il 2021 non è iniziato meglio. Secondo l'ultimo rapporto Uif, infatti, nei primi cinque mesi dell'anno sono già state segnalate 1.796 operazioni sospette riferibili alla pandemia per una cifra di quasi 2 miliardi di euro.

In aumento le sos legate alla criminalità organizzata

L'anno del covid sarà probabilmente ricordato come quello in cui le mafie hanno accelerato la loro espansione nell'economia. “Nel corso del 2020 le segnalazioni di operazioni sospette classificate come riferibili, almeno potenzialmente, a contesti riconducibili agli interessi della criminalità organizzata si sono attestate a poco più del 18 per cento di quelle pervenute alla Uif – si legge nel rapporto –. Tale valore, sostanzialmente doppio rispetto a quanto rilevato negli anni precedenti, è ascrivibile a una migliore capacità della Uif di censire la fattispecie, grazie allo scambio informativo sistematico con la Direzione nazionale antimafia”. Di queste segnalazioni, il 2,6 per cento era legata all’emergenza Covid-19. L'intuizione di “seguire i soldi” alla base delle tecniche di indagine nuove di Giovanni Falcone è una lezione più che mai valida. E allora fornire le giuste armi alle amministrazioni pubbliche in ottica di prevenzione e controllo dei flussi finanziari non è solo utile, ma necessario. 

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