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Costruire un mondo realmente diverso

Era una scommessa Narcomafie, continua a esserlo lavialibera. Questa rivista è diversa da quella che realizzammo nel 1993, pochi mesi dopo Capaci e via d'Amelio, ma lo spirito è, nella continuità, lo stesso: uscire dai recinti e dagli schemi per andare verso l'altro e l'altrove, parole che racchiudono anche il senso della venticinquesima Giornata della memoria e dell'impegno, che si terrà quest'anno a Palermo

Luigi Ciotti

Luigi CiottiDirettore editoriale lavialibera

28 gennaio 2020

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Torniamo in Sicilia – da dove, idealmente, siamo partiti, prima con Narcomafie poi con Libera – per sottolineare anche simbolicamente la necessità di un altro approccio, di un nuovo sguardo. Sempre nella continuità, ovvero nel “qui ed ora” dell’impegno.

Sì, perché uscire dai recinti e dagli schemi non è deviare o defilarsi ma, all’opposto, cercare la vita là dove si trasforma, là dove genera il nuovo, il diverso. È cercare la vita per essere e restare vivi. Il sapere umano è l’effetto di quest’infinito cercare, e solo un sapere che si misura coi propri limiti, che non smette di cercare l’altro e l’altrove diventa conoscenza, cioè sapere di vita. Se manca questa spinta al comprendere e all’approfondire, il sapere rischia di cristallizzarsi in schema o, peggio, di costruire castelli in aria, costruzioni teoriche che se da un lato tengono lontani i dubbi e le inquietudini, dall’altro allontanano dalla vita e non permettono di coglierne i processi, i cambiamenti e il senso.

L'editoriale di Elena Ciccarello: Un giornalismo che serve

Come Narcomafie, anche lavialiberanasce da una vitale inquietudine delle coscienze, da un’antica familiarità coi dubbi, compagni di viaggio scomodi, esigenti, ma certo più attivi e lungimiranti delle certezze. Allora fu il bisogno di parlare di mafie fuori dall’imperante logica dell’emergenza, studiando le realtà criminali in tutti i loro aspetti e nella loro azione costante, diffusa e distruttiva anche quando non sfociava nell’omicidio o nell’attentato. Oggi è il bisogno di analizzare i cambiamenti dei fenomeni mafiosi in relazione alle impetuose trasformazioni globali, mutamenti avvenuti spesso contestualmente, a conferma non solo della capacità di adattamento delle organizzazioni criminali ma anche – fenomeno non meno inquietante – del progressivo slittamento del cosiddetto mondo civile e del sistema politico-economico che lo governa verso logiche, se non strettamente criminali, criminogene.

Oggi non si può più parlare di mafie senza mettere in luce la profonda connivenza del sistema mafioso con quello dell’accumulazione indiscriminata del capitale. Stessi gli obbiettivi: potere e ricchezza. Ma sempre più simili anche i metodi: se le mafie possono attingere sempre meno a quella «riserva di violenza» che rappresenta un carattere imprescindibile perché siano riconosciute e condannate in sede giudiziaria, non è per sopraggiunti scrupoli morali, ma perché in un mondo in cui il denaro conta più della libertà e della giustizia, la corruzione – cioè il potere del denaro – è la chiave che non solo apre ogni porta, ma la apre senza fare rumore né attivare allarmi, vista anche l’interessata assistenza di chi dovrebbe impedire il passaggio.

In questo siamo stati, nel nostro piccolo, profetici. Se Libera chiedeva gia nel 1995 che la legge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie fosse estesa anche ai beni dei corrotti – proposta che incontrò sordità e resistenze a più livelli – fu perché già allora, col Paese fresco reduce da Tangentopoli, ci parve evidente quello che troppi non vollero vedere e che oggi per fortuna qualcuno inizia a riconoscere: che combattere le mafie senza contrastare con uguale forza la corruzione é come svuotare l’oceano con un secchiello, per di piu bucato.

Tornando a lavialibera e alla sua scommessa – che continueremo a condividere con preziosi e antichi compagni di viaggio come la Federazione nazionale della stampa, Articolo 21, l’Usigrai e quanti altri si vorranno aggiungere – l’impianto della rivista ricalca in buona parte quello di Narcomafie nei temi, nella presenza in ciascun numero di un dossier accurato, nelle pagine dedicate alle inchieste e in quelle di riflessione e approfondimento. Ma il progetto prevede, oltre al cartaceo bimestrale, un sito web quotidianamente alimentato, una traduzione in lingua straniera dei contenuti, una presenza ragionata e rispettosa sui social – luoghi di una comunicazione spesso squinternata e offensiva.

Leggi il primo editoriale di Luigi Ciotti su Narcomafie

Il tutto, come detto, senza smettere di cercare pensieri nuovi e parole diverse – come recita il sottotitolo della testata – nella consapevolezza che, come ripetiamo da anni, le mafie non sono un “mondo a parte” ma parte del nostro mondo. E che dunque e impossibile sconfiggerle senza una radicale rivoluzione politica, sociale, culturale. L’analisi e la denuncia delle mafie non può più insomma eludere quella di fenomeni che hanno offerto alle mafie terreno fertile, agganci e opportunità: le ingiustizie sociali, le disuguaglianze, una politica che ha sostituito i diritti coi privilegi e un’economia che ha elevato il profitto a valore assoluto, anche quando significa povertà e morte di milioni di persone.

Stimoli e spunti preziosi ce li ha offerti la Laudato sì, l’enciclica di Papa Francesco sull’ambiente. Pagine che con straordinaria lucidità analizzano le cause della crisi occidentale – crisi politica, economica, ma prima ancora etica, civile e culturale – facendola risalire a quel ?paradigma tecnocratico? che ha guidato la politica e l’economia nella distruzione dell’ambiente e nello sfascio dei diritti, con il conseguente riaffiorare di fascismi, razzismi e sovranismi, isole che rischiano di diventare continenti di disumanità e ingiustizia, macerie dell’ideale europeo, sogno di un mondo capace di pace e convivenza.

Cercheremo allora di parlare di mafie nello specifico ma anche come aspetti di un male più vasto che ci chiama tutti in causa e che non può essere contrastato solo con la lotta al crimine organizzato. Perché il richiamo del Papa a non scindere crisi sociale e crisi ambientale in quanto facce di un’unica medaglia deve tradursi in un’etica della condivisione e della corresponsabilità, cioè nella consapevolezza che non si può più parlare del “noi” senza mettere radicalmente in gioco “l’io”, cioé la nostra stessa vita. Ovvero che non possiamo cambiare il contesto se, contestualmente, non cambiamo noi stessi, incarnando il cambiamento che desideriamo.

Fuori e dentro, società e individuo, impegno sociale e formazione di sé sono interdipendenti, bisognosi l’uno dell’altro. Quando si parla di nuovo umanesimo e questa strada che dobbiamo immaginare. Una strada difficile, in gran parte inesplorata e impervia, ma necessaria per costruire un mondo realmente diverso, senza mafie e tutto cio che le rende possibili. Una strada che lavialibera non vuole solo percorrere ma anche, nel suo piccolo, costruire.

Da lavialibera n° 1 gennaio/febbraio 2020

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