Brasilia, 2021. Rocco Morabito viene scortato dalla polizia dopo il trasferimento nella capitale brasiliana (Joedson Alves/Epa)
Brasilia, 2021. Rocco Morabito viene scortato dalla polizia dopo il trasferimento nella capitale brasiliana (Joedson Alves/Epa)

Rocco Morabito, ascesa e caduta dell'Escobar di Africo

Rocco Morabito, narcotrafficante e re calabrese della cocaina, è stato estradato in Italia nel 2022. Latitante per oltre 20 anni, si muoveva tra Europa e Sud America dove ha tessuto una rete capillare del narcotraffico mantenendo un forte legame con la casa madre

Francesco Donnici

Francesco DonniciGiornalista

12 settembre 2023

È la notte tra il 23 e il 24 giugno 2019 e quattro detenuti stanno per evadere dal Carcel Central di Montevideo, in Uruguay. Sono riusciti a risalire fino al tetto attraverso un buco ricavato nel muro, approfittando del momentaneo blackout delle telecamere di sicurezza. A dare l’allarme è Elida Ituarte, anziana proprietaria di un’abitazione vicina al penitenziario, dove gli evasi si sono imbucati per rubare dei soldi prima di darsi alla fuga in taxi. Tra loro c’è anche Rocco Morabito, il re calabrese della cocaina, arrestato dalle autorità sudamericane nemmeno due anni prima, dopo oltre 20 anni di latitanza. Per il Viminale, il numero due nella lista dei maggiori ricercati dopo Matteo Messina Denaro. Morabito è stato catturato il 25 maggio 2021 dalla polizia federale brasiliana grazie a un blitz coordinato dall’Interpol, mentre si trovava in un resort di lusso della città di Joao Pessoa, nel nord del Brasile, dove continuava a gestire traffici di droga milionari.

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L’ascesa di Tamunga

In uno dei filoni di Eureka, l’“Escobar di Africo” viene indagato quale esponente di spicco della cosca Morabito-Bruzzaniti-Palamara. Gli investigatori riescono a fare luce sul periodo che va dalla sua evasione fino all’arresto cui seguirà la definitiva estradizione in Italia, il 6 luglio 2022. Dalla ricostruzione emerge il ruolo chiave della rete di fiancheggiatori che, fornendogli documenti falsi e supporto economico-logistico, gli hanno permesso di stabilirsi in Brasile dopo essere transitato dal Paraguay e dal Perù.

A seguito di una giovinezza trascorsa sulle strade della Locride a bordo del fuoristrada militare Munga, prodotto dalla tedesca Dkw, cui deve il soprannome “Tamunga”, all’età di 25 anni Rocco Morabito – che è cugino del potente Peppe Morabito “U tiradrittu”, reggente della cosca fino all’arresto del 2004 – decide di spostarsi a Milano. Negli anni Ottanta nel clan africota era scoppiata la sanguinosa faida di Motticella, durante la quale si era distinto lo zio, Domenico Antonio Mollica, del quale diventerà alter ego sul fronte del narcotraffico.

In quella stagione di scontri, Morabito perde suo fratello, Domenico Leo, e l’anno successivo riesce a scampare alla stessa sorte. In doppiopetto grigio, il 15 marzo 1994, viene fotografato dagli investigatori in piazza San Babila. Stringe in mano una valigetta con all’interno 2,9 miliardi di lire da consegnare ai narcos colombiani. Lo scambio viene intercettato, ma il Tamunga riesce a sfuggire alla cattura. Un episodio raccontato negli atti dell’inchiesta Fortaleza della procura di Milano, che porterà alla condanna a 30 anni (definitiva nel 2000) per associazione mafiosa e traffico di droga.

Arresto ed evasione

Nei primi anni Duemila Morabito si sposta tra Brasile e Uruguay, sotto l’alias Francisco Antonio Capeletto Souza, imprenditore brasiliano attivo nell’import-export di soia. Vive in una lussuosa abitazione di Punta Del Este, dove viene arrestato il 3 settembre 2017. Gli agenti lo trovano in possesso di 13 telefoni cellulari, 12 carte di credito, 150 fototessere e 150mila dollari in contanti.

Poco dopo l’arresto in Uruguay, vengono introdotte alcune modifiche legislative e Morabito spera in una scappatoia legale per evitare l’estradizione. Tuttavia, il sopraggiungere di accordi bilaterali tra l’Italia e lo Stato sudamericano, oltre all’esito negativo del ricorso presentato dai suoi legali, lo convincono a organizzare l’evasione come estremo rimedio. In tal senso, lo troviamo intento a corrompere gli agenti di custodia: in 15 saranno indagati, ma solo uno andrà a processo. Alcuni di questi aspetti vengono resi noti dall’operazione Magma del 2020, che riguarda anche esponenti del clan rosarnese Bellocco. Tra questi, un imprenditore incaricato dalle famiglie di Africo di trasferire in America latina 50mila euro per finanziare il rocambolesco piano di fuga.

La cattura e l'estradizione

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