13 maggio 2008, Salvatore Mancuso Gomez atterra in Florida scortato da agenti della Dea (Lapresse)
13 maggio 2008, Salvatore Mancuso Gomez atterra in Florida scortato da agenti della Dea (Lapresse)

Con l'espulsione in Italia, il narcos Mancuso sfugge alla giustizia colombiana

'El Mono', ex capo di una milizia responsabile in Colombia di crimini contro civili e narcotrafficante in contatto con la 'ndrangheta, sarebbe dovuto arrivare in Italia, espulso dagli Usa, ma al momento è tutto fermo. Per i familiari delle vittime, verità e giustizia sono in pericolo

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Aggiornato il giorno 31 agosto 2020

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In Colombia è stato per quasi dieci anni il capo di un gruppo paramilitare che ha fatto migliaia di vittime e trafficato cocaina nel mondo. Si chiama Salvatore Mancuso Gomez, soprannominato “El Mono”, la scimmia. È nato a Monteria, nel Nord della Colombia, 56 anni fa e ha chiare origini italiane: il padre era emigrato verso l'America Latina da Sapri, in provincia di Salerno. Mancuso Gomez ha finito di scontare una condanna in carcere negli Stati uniti. Doveva essere espluso in Italia, il 26 agosto, dove anni fa era stato coinvolto in alcune inchieste sui traffici tra narcos colombiani e 'ndrangheta, ma è giallo su quella che sarà la sua destinazione finale. 

Salvatore Mancuso è molto reclamato in Colombia, soprattutto dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani e dai familiari delle vittime delle Autodefensas unidas de Colombia (Auc), potente gruppo paramilitare di estrema destra, considerato un'organizzazione terroristica alla quale sono attribuite migliaia di omicidi, esecuzioni stragiudiziali, rapimenti e violenze. Secondo loro Mancuso potrebbe contribuire a far luce su anni bui di cui è stato protagonista. Domenica 30 agosto l'amministrazione statunitense ha tuttavia sospeso l'espulsione verso l'Italia, non si sa ancora di preciso se per optare un'altra meta, la Colombia. La decisione è stata contestata dagli avvocati dell'italo-colombiano che lunedì mattina hanno presentato ricorso. 

I gruppi paramilitari e il narcotraffico

Il palazzo di giustizia di Bogotà (Burgher - Flicker)
Il palazzo di giustizia di Bogotà (Burgher - Flicker)

Negli anni Ottanta, per far fronte alle violenze di gruppi guerriglieri di sinistra come le Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia (Farc), proprietari terrieri ma anche organizzazioni criminali hanno dato vita a milizie private come “Muerte a Secuestradores” (Mas), gruppo fondato dai fratelli Ochoa del cartello di Medellin. Col tempo, però, la violenza di questi gruppi paramilitari non colpì soltanto i guerriglieri autori dei sequestri, ma anche attivisti, militanti, politici o sindacalisti, chiunque potesse “turbare” l'ordine. Molti di questi gruppi paramilitari nel 1996 si sono ritrovati sotto il cappello dell'Autodefensas unidas de Colombia: “Questo gruppo paramilitare poté stabilire feudi locali nelle principali aree di influenza della guerriglia e poi espellere la popolazione locale che era accusata di collaborare coi guerriglieri”, riassume Insight Crime. A farne le spese sono stati soprattutto i civili.

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Il ruolo di Mancuso

Oltre ad arricchirsi, Mancuso-Gomez e l'Auc hanno usato il denaro del narcotraffico per crescere e armare una forza paramilitare di più di 30mila combattenti e per rafforzare il proprio controllo sulle regioni colombianeLeslie R. Caldwell - Assistant attorney general

Mancuso, figlio di un migrante italiano e di una donna di Monteria, era un proprietario terriero e nel 1995 si era unito a un'organizzazione chiamata "Autodefensas Campesinas de Córdoba y Urabá" (Accu) perché sarebbe stato stanco delle azioni dei gruppi guerriglieri contro la sua famiglia e le sue proprietà. L'italo-colombiano ha ricoperto un ruolo importante al fianco del fondatore, Carlos Castaño. Negli anni successivi, dopo la creazione della Auc, “El Mono” ne è diventato uno dei leader più importanti, ma anche uno dei più spietati e spregiudicati. Oltre alle violenze, inoltre, l'organizzazione si è messa nella produzione e nel traffico di cocaina dalla Colombia all'estero e per questa ragione Mancuso Gomez è stato coinvolto nelle indagini della Drug enforcement administration (Dea) degli Stati Uniti e in quelle delle Direzioni distrettuali antimafia in Italia, come l'operazione “Decollo” del 2004 e quella chiamata “Galloway Tiburon” del 2006. Tutto ciò è avvenuto negli anni in cui era in corso un processo di pace, chiamato “Justizia y paz”, tra lo Stato colombiano e alcuni gruppi paramilitari come le Auc, che hanno deciso di lasciare le armi in cambio di uno sconto di pena. A volere questo processo di pace è stato l'allora presidente Alvaro Uribe, molto legato ai gruppi paramilitari di destra, da lui sostenuti nel corso degli anni Novanta. Forse, proprio per questa ragione, l'ex presidente Uribe era intenzionato ad allontanare Mancuso e altri capi concedendo l'estrazione negli Stati Uniti.

Mancuso Gomez si è arreso nel 2004 ed è stato estradato negli Stati Uniti nel 2008. Di fronte alla giustizia statunitense ha ammesso le accuse legate al narcotraffico spiegando di aver controllato dalla metà degli anni Novanta alcuni gruppi delle Auc incaricate della produzione di cocaina: secondo quanto riferito da lui, l'organizzazione poteva produrre duemila tonnellate di coca al mese. Dalle coste colombiane i carichi partivano verso Usa ed Europa. Gli altri produttori e trafficanti dovevano pagare pegno all'Auc, che si occupava anche di mercato nero delle armi e della corruzione di magistrati e delle forze dell'ordine per garantirsi maggiore impunità. Il 30 giugno 2015 ha ottenuto una condanna a 190 mesi di reclusione (15 anni e dieci mesi): “Attraverso il suo ruolo di guida dell'Auc, Salvatore Mancuso-Gomez ha diretto la produzione e il traffico di oltre 100mila chili di cocaina negli Stati Uniti e altro - informava l'assistant attorney general Leslie R. Caldwell in un comunicato stampa -. Oltre ad arricchirsi, Mancuso-Gomez e l'Auc hanno usato il denaro del narcotraffico per crescere e armare una forza paramilitare di più di 30mila combattenti e per rafforzare il proprio controllo sulle regioni colombiane”. Nella primavera 2020, però, la sua condanna è risultata scontata per intero e questo ha aperto una nuova partita.

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Le richieste di estradizione della Colombia agli Usa

Secondo i media colombiani il 26 agosto prossimo gli Stati Uniti estraderanno Mancuso-Gomez in Italia. In Colombia l'ex capo dell'Auc rischia di essere ucciso, sostengono i suoi avvocati. Nel frattempo, il 15 aprile scorso la procura generale colombiana e il ministero della giustizia hanno chiesto che l'ex capo paramilitare e narcotrafficante sia invece rimandato a Bogotà per permettere a Mancuso di testimoniare su almeno 11mila gravi delitti, fra cui centinaia di brutali omicidi, commessi da lui e dai paramilitari ai suoi ordini. La Colombia ha chiesto l'estradizione sulla base di una condanna a 27 anni e otto mesi di reclusione per sequestro di persona a scopo di estorsione: a fine anni Novanta aveva ordinato il rapimento della sorella e del cognato di Nelson Rodriguez Bautista, detto Gabino, uno dei capi dell'Esercito di liberazione nazionale.

Tuttavia nel frattempo il tribunale di Justizia y Paz ha stabilito che quella condanna è come se fosse già stata scontata e quindi quella prima richiesta è stata ritirata. Ne è stata presentata un'altra, questa volta legata a un processo per il riciclaggio di denaro frutto del narcotraffico. Questo modo di fare da parte dello Stato ha provocato molta indignazione tra i familiari delle vittime e le organizzazioni per i diritti umani. Secondo il Movimento nazionale vittime dei crimini di Stato (Movice), l'espulsione in Italia permetterà al capo delle Auc di eludere la giustizia colombiana e soprattutto occultare la verità. Il Movice ricorda i 139 massacri compiuti dalle truppe guidate da Mancuso Gomez e la morte di 837 persone. “Ci domandiamo se questa inadempienza dello Stato colombiano voglia occultare qualcosa e chi tema la verità”, sottolinea Movice. Anche Human Rights Watch si sta battendo affinché "El Mono" sia ricondotto in Colombia. La Red Alas (America Latina Alternativa Social) sottolinea inoltre che non c'è uno strumento giuridico che permetta l'estradizione dall'Italia alla Colombia.

Il problema dell'accordo tra Roma e Bogotà

Mancuso Gomez ha ottenuto, grazie alla richiesta del suo avvocato, la possibilità di essere espulso in Italia perché ha il doppio passaporto, quello colombiano e quello italiano. Una volta qui vivrà da cittadino libero: da quanto lavialibera ha potuto apprendere da fonti del ministero della Giustizia e della magistratura, su di lui non pendono misure cautelari o condanne da scontare in carcere. La Colombia potrà ottenere il suo arresto attraverso i canali dell'Interpol, che ha emesso tre red notices, cioè avvisi in base ai quali le forze di polizia del mondo possono arrestarlo,  dopodiché si aprirà il capitolo dell'estradizione verso Bogotà.

Mancuso Gomez è un cittadino italiano e le convenzioni internazionali prevedono che l'Italia possa estradarlo soltanto in presenza di un accordo bilaterale con lo Stato che chiede l'estradizione, in questo caso la Colombia (se mai dovesse fare richiesta). Tra i due Stati esiste un trattato che agevola le procedure, ma qui sorge un altro problema: l'Italia lo ha ratificato a luglio, mentre lo Stato latino-americano ancora no e quindi la sua applicazione non è scontata. Bogotà potrà ottenere l'estradizione passando attraverso i canali più classici, con una richiesta documentata dagli atti giudiziari che poi sarà valutata dalla Corte d'appello competente. 

Esiste un precedente simile e non è favorevole per la Colombia. Riguarda il caso Domenico Antonio Mancusi Hoyos, cugino dell'ex capo dell'Auc, anche lui componente di punta della milizia paramilitare e accusato dalla giustizia colombiana di associazione a delinquere e moltissimi omicidi. Era stato arrestato vicino a Imperia il 6 agosto 2014 dalla polizia giudiziaria italiana perché destinatario di un ordine di cattura internazionale, ma la Corte d'appello di Genova e poi la Cassazione (leggi qui la sentenza) hanno stabilito che Mancusi, anche lui cittadino italiano, non potesse essere estradato in Colombia proprio per l'assenza di un trattato bilaterale: poteva quindi uscire dal carcere e rimanere in Italia. Inutili le convenzioni Onu del 1998 sul traffico internazionale di droga e del 2000 sulla criminalità organizzata transnazionale: a Mancusi non venivano contestati reati presi in considerazione da questi trattati.

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