Armando Punzo, Compagnia della Fortezza: "Vado in carcere per fare teatro, non la carità"

Nel carcere di Volterra il teatro non ha alcuno scopo sociale o rieducativo. "Io e miei attori siamo alla pari", ci racconta il direttore artistico Armando Punzo

Francesca Dalrì

Francesca DalrìGiornalista, il T quotidiano

3 novembre 2020

Arrivando a Volterra dall’entroterra toscano lo sguardo cade subito lì. La Fortezza medicea sorge sul punto più elevato del colle. Edificata nel Quattrocento, è sede di un carcere maschile (fino al 2013 di alta sicurezza) a cui spesso vengono assegnati detenuti con ergastoli o lunghe pene. In questo torrido pomeriggio estivo siamo in pochi a entrare: 25 fortunati in tutto. In un’altra occasione saremmo 250, ma queste mura invalicabili agli uomini non lo sono per Covid-19. Il clima, però, è sereno e rilassato. Se non fosse per i moduli, le autocertificazioni e i controlli, non sembrerebbe nemmeno uno spettacolo in carcere. Naturae. La vita mancata - Primo quadro è l’ultimo capitolo di un lavoro triennale nato per festeggiare i trent’anni della Compagnia della Fortezza, prima e più longeva esperienza strutturata di teatro in un istituto penitenziario italiano. Fondata nel 1988 e tutt’oggi diretta dal regista, drammaturgo e attore Armando Punzo, 61 anni, è composta da un’ottantina di detenuti, coinvolti a vario titolo in tutti i mestieri del teatro: recitazione e rielaborazione drammaturgica, scenotecnica, fonica e audiovisivi, costumi e trucchi di scena. Mentre attendiamo nel cortile alberato interno al carcere, c’è grande attesa. I più sono spettatori affezionati, ma l’emozione è sempre la stessa ed è già parte dello spettacolo. Finalmente si comincia.

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