Cartina realizzata da Davide Romanelli
Cartina realizzata da Davide Romanelli

Per la 'ndrangheta radici locali e opportunità globali

La mafia calabrese rimane ancorata alla tradizione, ma sopravvive e si adatta nel Vecchio continente, come mostra l'indagine Eureka

Anna Sergi

Anna SergiProfessoressa in Criminologia, University of Essex (Uk)

12 settembre 2023

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Il 3 maggio scorso l’operazione Eureka – condotta dai carabinieri coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria – ha portato all’arresto di 108 persone in Italia, 30 in Germania e 13 in Belgio, perquisizioni e confische record. L’indagine è il risultato della collaborazione con due agenzie europee, Europol ed Eurojust, che hanno coordinato l’azione concordata con dieci Paesi coinvolti: Italia, Belgio, Germania, Francia, Portogallo, Slovenia, Spagna, Romania, Brasile e Panama. Una collaborazione che non nasce dal nulla, ma era in cantiere da circa tre anni.

Europol ed Eurojust hanno un accordo con la Direzione nazionale antimafia nel progetto Empact, che si occupa soprattutto della ’ndrangheta calabrese e della mafia siciliana, gruppi criminali considerati ad alto rischio anche fuori dall’Italia. Eureka ha ricordato all’Europa la presenza della ’ndrangheta all’estero, nella forma più tipica che questa mafia assume fuori dalla Calabria: singoli clan che lavorano in partnership per attività illecite, prima fra tutte il traffico di droga, grazie a una fitta rete di associati transfrontalieri. Eureka è frutto di anni di compromessi, difficoltà di cooperazione a livello pratico e concettuale, sia tra le istituzioni europee, sia tra quelle italiane. Un’operazione contro la principale mafia italiana a cui è riconosciuta una mobilità senza precedenti. Ma di quale ’ndrangheta stiamo parlando? E cosa ci racconta Eureka di questa ’ndrangheta?

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Clan come dinastie reali

Le persone coinvolte sono legate a vario titolo a due clan, affiliati e sodali dei Nirta-Strangio di San Luca e Morabito-Palamara- Bruzzaniti di Africo. Entrambi i gruppi provengono da alcune delle più storiche roccaforti della mafia calabrese, localizzate nella zona ionica dell’Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria. Possono essere considerate due delle dinastie reali, tra i clan fondatori della ’ndrangheta, in quanto la loro presenza e supremazia sul territorio e all’interno dell’organizzazione criminale non può essere contestata. Inoltre, sono tra gli attori chiave del traffico di cocaina nel continente: i rapporti con le reti di origine albanese per l’importazione e la logistica dello stupefacente, così come con altre reti locali del Nord Europa, è chiaramente evidenziata nell’indagine.

I Morabito-Palamara-Bruzzaniti di Africo hanno alimentato la loro reputazione con grandi importazioni di cocaina, anche grazie a broker del calibro di Rocco Morabito (soprannominato “il re della cocaina”), arrestato nel 2021 in Brasile. I Nirta-Strangio sono stati coinvolti in una faida contro il clan Pelle-Vottari-Strangio (sempre di San Luca) sfociata poi nella strage di Duisburg, in Germania, del 2007. La presenza di questi clan oltre confine non è quindi una novità. Un primo elemento che emerge in Eureka è, infatti, l’importanza della reputazione transfrontaliera, soprattutto nel caso dei gruppi di San Luca. Nell’ordinanza di custodia cautelare si fa riferimento al riconoscimento internazionale del cosiddetto gruppo di Erfurt, in particolare quello legato a Domenico Giorgi (detto “Berlusconi”, per la ricchezza accumulata col traffico di stupefacenti), alla percepita impunità dei clan di San Luca, ancora molto attivi, e alla loro ricchezza:

"Pensa da quanto sta questo qua in Germania. Infatti non gli hanno fatto proprio niente. Hanno ucciso sei persone [ma] loro sono sempre i vincenti, loro sono tosti come i selvaggi. E poi ne hanno un altro confiscato [ristorante/locale]. Qua in Germania ne hanno quattro e a Lisbona, in Portogallo, uno. Hanno nove locali, che gli devono prendere? Questi spendono centomila euro al giorno, minimo. Solo dove stiamo andando noi incassano quindicimila euro al giorno; se ne possono fottere! Loro fanno attività, ma questi ormai con le attività pulite guadagnano"

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A casa o fuori, una percezione diversa

Un secondo elemento chiave dell’indagine è il modo in cui la ’ndrangheta e le sue strutture sono raccontate e percepite nei paesi calabresi Bianco, San Luca o Africo e in Europa. In Calabria si parla di strategia criminale, di reputazione, riconoscimento criminale e sociale, “rispetto”, mentre all’estero di capacità manageriale, di quantità importanti di stupefacenti, denaro da muovere, porti in cui entrare, corruzione da mantenere. La peculiarità di questi gruppi nei traffici nel vecchio continente sta proprio nella capacità di sfruttare le opportunità globali di un mercato ricco come quello della cocaina, senza perdere a livello locale i tratti identitari del proprio territorio. L’intercettazione di un imprenditore vicino ai clan racconta questa dualità, tra potere locale e reputazione globale:

"Io lo sto facendo [investire] qui in Calabria perché c’è molto denaro della droga, perché i calabresi sono più famosi di Pablo Escobar in tutto il mondo per il traffico di cocaina. Queste persone che vivono qui, tu pensi che non hanno soldi, ma hanno più soldi delle banche"

Un terzo elemento d’interesse in Eureka è la possibilità di fare rientrare persone e denaro in Calabria, il che amplifica la reputazione e il riconoscimento locale e globale dell’organizzazione. Ad esempio, si legge di come i rientri di denaro aiutino i clan a mantenere il controllo del territorio:

"So per certo che, negli anni Novanta, una comunità di sanlucoti ha investito ingenti capitali provenienti dalla Germania ad Ardore, ove hanno acquistato vasti terreni e immobili. Si tratta dei Pelle e dei Giorgi 'Ciceri'"

Riguardo al rientro di persone, merita attenzione il caso di Pasquale Bevilacqua, figura centrale dell’inchiesta, ritenuto dagli inquirenti vicino ai clan di Bianco e San Luca. Cittadino australiano, imprenditore di successo con molte proprietà e attività nel Nuovo Galles del Sud, è tornato dall’Australia, dove era molto vicino ai clan locali della ’ndrangheta down under, cioè l’onorata società del continente australiano.

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Bevilacqua non è un caso isolato: bisognerebbe chiedersi cosa si portano dietro queste persone quando rientrano in Italia e in che modo cambiano l’organizzazione criminale una volta tornati nel paese d’origine. Reputazione e riconoscimento criminale, sia nella mobilità sia nei ritorni, caratterizzano la ’ndrangheta fotografata in Eureka. La mafia calabrese conserva le sue origini tradizionali, ma si alimenta di rinnovate conferme di potere e di capacità di sopravvivere e adattarsi a un’Europa sempre più senza confini, anche da una periferica Calabria.

Da lavialibera n° 22, Altro che locale

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