Foto dal webdoc Inside Carceri di Next New Media e Antigone
Foto dal webdoc Inside Carceri di Next New Media e Antigone

Lavorare nelle carceri è un'impresa

L'occupazione è fondamentale per costruire percorsi di vita alternativi alla delinquenza, ma la collaborazione con realtà esterne agli istituti di pena è ostacolata da burocrazia e mancanza di formazione

Andrea Oleandri

Andrea OleandriResponsabile comunicazione di Antigone

26 aprile 2024

  • Condividi

“Provo a lavorare in carcere, ma a parte le difficoltà burocratiche, non c’è grande sostegno da parte delle istituzioni. La falegnameria interna è ben attrezzata: se negli acquisti l’amministrazione penitenziaria desse priorità al nostro lavoro e comprasse da noi i suoi mobili potrei impiegare molte più persone, invece delle due che lavorano oggi. Poi c’è il tema della formazione professionale. Non sempre tra i detenuti c’è chi sa fare questo mestiere, quindi devo sostenere anche i costi per insegnare come si fa il lavoro. Anche in questo caso le istituzioni potrebbero fare di più, offrendo corsi formativi utili ai fini occupazionali”. 

La rubrica di Antigone per lavialibera

Questa è una delle storie raccolte dall’osservatorio sulle condizioni di detenzione dell’associazione per i diritti dei detenuti Antigone, durante la visita in un carcere del Sud Italia. All’interno era presente una falegnameria enorme, ottimamente accessoriata, ma sottoutilizzata.

Un racconto che fotografa bene la situazione dell'occupazione all’interno degli istituti penitenziari. Il lavoro è infatti un bene scarso, anche se è una delle attività principali per contrastare la recidiva e garantire alle persone detenute di costruire un percorso diverso rispetto a quello che li ha portati in cella. 

Burocrazia, spazi e formazione: gli ostacoli alle attività in carcere

La burocrazia carceraria prevede dei requisiti di sicurezza che non sempre sono compatibili con le esigenze delle imprese

In realtà, per i datori di lavoro che assumono dei detenuti esistono anche dei fondi riconosciuti dalla legge (la cosiddetta legge Smuraglia). Ma l’impegno è sottodimensionato. I problemi sono diversi. In primis, la burocrazia carceraria prevede dei requisiti di sicurezza che non sempre sono compatibili con le esigenze delle imprese. In secondo luogo, mancano gli spazi. In 33 dei 99 istituti visitati nel 2023 dall’osservatorio di Antigone non c’erano dei luoghi adeguati per le attività. Un altro tema riguarda la formazione delle persone detenute che, come testimonia l’imprenditore incontrato, non sempre rende facile aprire piccole realtà in carcere, dovendo anche investire delle risorse per preparare il personale. 

Nodo alla gola: il XX dossier di Antigone sull'emergenza suicidi

Infine, c’è da considerare l’economia del territorio in cui si trova l’istituto penitenziario. Non a caso, la maggior parte delle attività lavorative svolte all’esterno del carcere si registra nelle regioni del centro-nord, dove il numero di imprese è più elevato di quanto non sia nel Sud Italia o nelle isole, dove invece il tessuto economico è meno florido e si contano alti tassi di disoccupazione anche al di fuori degli istituti di pena. Non è neanche un caso che circa il 44 per cento delle persone detenute in Italia arrivi da quattro regioni del Sud (Campania, Calabria, Puglia, Sicilia). Dato che, ancora una volta, segnala quanto il lavoro sia uno strumento fondamentale per costruire percorsi di vita dignitosi e alternativi alla delinquenza, sia per chi in carcere ci è già entrato, ma anche per evitare che in carcere le persone ci possano finire

La maggior parte dei detenuti lavora per il carcere, senza prospettive

Il dato più recente relativo ai detenuti impiegati è dello scorso giugno: solo il 33,3 per cento dei reclusi risultava lavorare (più o meno 19.000 degli oltre 57.000 presenti in quel momento negli istituti penitenziari). Un numero in lieve decremento rispetto al 2022 quando la percentuale era pari a 35,2. 

Detenuti ai margini, ma vince sempre il populismo penale

Non solo. La maggior parte dei lavoratori, 16.305 (l’85,1 per cento), era alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria. Tra loro, c’era chi ha un impiego spendibile anche all’esterno, come gli addetti alla cucina o alla manutenzione ordinaria del fabbricato. In genere, si tratta di cuochi, muratori, idraulici: persone che all’esterno svolgevano le stesse mansioni e possono mettere le proprie competenze a disposizione anche all’interno degli istituti. Gli altri, invece, sono impiegati in lavori che non consentono di costruire professionalità spendibili: gli scrivani (che aiutano nella scrittura di lettere o di richieste all’amministrazione); i porta-vitto (che con i carrelli portano il cibo dalla cucina alle sezioni); e infine chi chi è addetto alla pulizia dei diversi ambienti carcerari.

I nostri articoli sulle carceri 

C’è poi da considerare che in molti sono occupati solo per poche ore e pochi giorni a settimana, in modo da garantire una rotazione, quindi anche un’occasione di guadagno. Soprattutto se i detenuti non hanno una famiglia fuori che gli fornisce sostegno economico, questi soldi sono necessari ad affrontare alcune spese durante la detenzione (anche per l’acquisto di beni che l’amministrazione non passa: sigarette, quotidiani, batterie per le radio e così via) e per costruire un piccolo gruzzolo, fondamentale per non uscire a fine pena come spesso si entra, cioè senza alcuna risorsa finanziaria su cui contare.

Il lavoro è uno strumento fondamentale per costruire percorsi di vita dignitosi e alternativi alla delinquenza

Sempre al 30 giugno 2023, in 2.848 lavoravano invece per datori di lavoro esterni agli istituti penitenziari. Queste sono occasioni importanti perché non solo costruiscono competenze, ma spesso accompagnano le persone detenute dal dentro al fuori. I settori sono molto diversi: si passa dalla produzione alimentare a quella industriale e artigianale, fino ai call center. 

In termini generali, il lavoro è una materia di legislazione concorrente tra Stato e regioni, mentre la formazione professionale è una materia che ricade fra le competenze esclusive delle regioni. Questo richiede un impegno istituzionale ampio da parte di diversi organi dello Stato per garantire che i problemi appena segnalati trovino una soluzione e si incrementino le opportunità lavorative in carcere. A beneficio delle persone detenute, dell’economia e della collettività. 

Crediamo in un giornalismo di servizio a cittadine e cittadini, in notizie che non scadono il giorno dopo. Aiutaci a offrire un'informazione di qualità, sostieni lavialibera
  • Condividi

La rivista

2024 - numero 26

Truffe al pascolo

Mafie, imprenditori e colletti bianchi si spartiscono milioni di euro di frodi alla politica agricola Ue, a scapito di ecosistemi, salute, casse pubbliche e piccoli pastori

Truffe al pascolo
Vedi tutti i numeri

La newsletter de lavialibera

Ogni sabato la raccolta degli articoli della settimana, per non perdere neanche una notizia. 

Ogni prima domenica del mese un approfondimento speciale, per saperne di più e stupire gli amici al bar