Carcere, non è (solo) questione di spazi

Il sovraffollamento non è l'unica motivazione per cui i tribunali riconoscono trattamenti disumani e degradanti negli istituti penitenziari. Anche sporcizia, umidità, servizi igienici inadeguati e ritardi nelle cure mediche violano i diritti dei detenuti.

Andrea Oleandri

Andrea OleandriResponsabile comunicazione di Antigone

29 marzo 2024

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Lo scorso gennaio, un uomo che era stato detenuto a lungo nel carcere di Sollicciano a Firenze ha ricevuto uno sconto di pena di circa 300 giorni per il prolungato trattamento inumano e degradante da lui subito durante la detenzione. Aveva denunciato di essere stato recluso in celle invase da insetti, umidità e sporcizia. Non si tratta di un evento raro: nel 2022 – in attesa dei dati del 2023 – i tribunali di sorveglianza hanno accolto oltre 4mila ricorsi, riconoscendo altrettanti sconti di pena (per chi era ancora in carcere) o ristori economici (per chi era già uscito). Nella maggior parte dei casi, però, il motivo del ricorso era l’assenza dello spazio minimo vitale di 3 metri quadrati a persona. Questa volta, invece, il riconoscimento del trattamento inumano e degradante si è basato su considerazioni che non riguardano solamente il sovraffollamento.

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Il rimedio compensativo previsto in questi casi, regolato dall’articolo 35 ter dell’ordinamento penitenziario, è stato introdotto subito dopo il caso Torreggiani del 2013, quando il Paese fu condannato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per trattamenti degradanti generalizzati nelle carceri a causa di tassi di sovraffollamento drammatici. All’epoca oltre 4mila ricorsi erano giunti alla Corte di Strasburgo che, invece di accoglierli tutti, si era pronunciata in una sentenza pilota intimando all’Italia di adottare entro 12 mesi una serie di riforme. Tra queste anche l’introduzione di un rimedio compensativo che desse la possibilità a chi è privato della libertà personale di veder riconosciuta dai tribunali nazionali la violazione dei propri diritti. E così, nella prassi, il principale motivo dei ricorsi e dell’accettazione degli stessi resta ancora la mancanza di spazio. Il sovraffollamento, del resto, è uno degli indici più evidenti dello stato di difficoltà in cui versa il sistema penitenziario italiano, e di conseguenza anche il più discusso a livello politico e mediatico.

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Niente bagni separati

Eppure, la presenza o meno di trattamento inumano e degradante in carcere non dipende solo dalla disponibilità dello spazio minimo. Questa estate, nell’ambito dell’attività dell’osservatorio sulle condizioni di detenzione di Antigone, ho visitato due carceri in provincia di Foggia, quello di Lucera e quello di San Severo. Due istituti piccoli, collocati al centro delle rispettive città e, come spesso avviene in questi casi, dotati di spazi estremamente ridotti. Entrambi avevano una caratteristica che, fortunatamente, non si ritrova ovunque: i bagni non erano collocati in un ambiente separato, ma nella stessa stanza dove si dorme, si mangia, si passa il tempo.

In due carceri della provincia di Foggia, i wc sono collocati nelle stanze senza separazione. Costruire bagni separati renderebbe antieconomico il mantenimento dell'istituto.

Nel carcere di Lucera, per evitare che i detenuti potessero essere visti da chi passa per i corridoi o dai compagni di cella, attorno al wc era stata posta una tenda per doccia. A San Severo, invece, dei divisori in legno o metallo. In entrambi i casi, se la soluzione garantiva un minimo di privacy, allo stesso modo non impediva la fuoriuscita di odori che si spandevano per tutta la cella. Una condizione evidentemente non dignitosa. E, almeno per il carcere di San Severo, senza soluzione: i lavori per creare bagni in ambienti separati, infatti, porterebbero a ridurre il numero di celle e di detenuti, rendendo di fatto antieconomico il mantenimento in vita di quell’istituto, che continuerà dunque a versare in questa condizione.

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Diritti negati

Il presidente Mattarella ha sottolineato come tema prioritario "l'esigenza diffusa, ampia e indispensabile di assistenza sanitaria nelle prigioni"

Sempre in una visita dell’osservatorio di Antigone, effettuata nell’ottobre scorso nel carcere di Pavia, erano state trovate cimici nei letti dei detenuti. Una persona reclusa mostrava addirittura un nido tra i capelli e molti altri avevano sul corpo i segni delle punture. Ancora, durante un’altra visita che avevo svolto personalmente in un altro carcere un detenuto aveva lamentato problemi ai denti (peraltro ben visibili) e un ritardo enorme nel ricevere cure. La questione della tutela della salute è uno dei punti di principale difficoltà nelle carceri, come dimostrano anche le numerose richieste di sostegno che arrivano al difensore civico di Antigone in questo senso. Un argomento sul quale, solo pochi giorni fa, è tornato anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha sottolineato come “l'esigenza di assistenza sanitaria nelle prigioni, che è una esigenza diffusa, ampia, indispensabile” vada affrontata con sollecitudine.

Nessuno si prende cura della sofferenza psichica nelle carceri

Questi sono solo alcuni esempi delle decine di casi che emergono dal monitoraggio di Antigone sulle condizioni di detenzione e dalle denunce che arrivano direttamente dalle persone interessate. Su lavialibera abbiamo già scritto delle difficili condizioni di vita in carcere durante l’estate per il caldo e durante l’inverno per il freddo, condizioni che possono incidere fortemente sui diritti delle persone detenute. Così come possono incidere la presenza di muffa e di infiltrazioni alle pareti o l’assenza di docce nelle camere di pernottamento, che limita la possibilità di lavarsi a poche ore al giorno. Non basta la disponibilità dello spazio minimo perché sia garantita la qualità della vita in carcere e l’assenza di trattamenti inumani e degradanti. Conta anche ciò che la persona ha attorno a sé, e conta il rispetto di tutti i diritti esigibili e inalienabili che anche chi è detenuto deve vedere garantiti.

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