La premier Meloni e l'ad di Eni Claudio Descalzi ad Algeri nel gennaio 2023 per firmare nuovi accordi di cooperazione (foto palazzo Chigi, licenza CC-BY-NC-SA 3.0 IT)
La premier Meloni e l'ad di Eni Claudio Descalzi ad Algeri nel gennaio 2023 per firmare nuovi accordi di cooperazione (foto palazzo Chigi, licenza CC-BY-NC-SA 3.0 IT)

Piano Mattei, dalla cabina di regia poche sorprese

Pubblicata la lista degli enti che siederanno nell'organismo incaricato di attuare il piano di cooperazione con l'Africa. Insieme ai grandi attori industriali come Eni e Leonardo ci sono i rappresentanti del terzo settore, che sperano di far sentire la propria voce

Paolo Valenti

Paolo ValentiRedattore lavialibera

12 marzo 2024

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A quattro mesi dall’approvazione del decreto del governo e due dalla sua conversione in legge da parte delle camere, la cabina di regia istituita per attuare il piano Mattei per l’Africa è finalmente al completo. La composizione definitiva è stata comunicata con decreto del presidente del Consiglio lo scorso 6 marzo: tra i 31 enti citati compaiono, senza sorprese, Eni, Enel, Fincantieri e Snam (Società italiana metanodotti), ma anche associazioni di categoria, rappresentanti del mondo dell’università e della ricerca e organizzazioni del terzo settore. “Non ci stupisce – commenta a lavialibera Simone Ogno dell’associazione ReCommon –. Sapevamo che i grandi attori industriali avrebbero avuto un ruolo di primo piano. Di fatto il piano Mattei non è altro che un contenitore che mette insieme progetti già previsti dai piani di investimento di queste multinazionali”.

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Finanziatori e beneficiari allo stesso tavolo

I nuovi componenti andranno ad aggiungersi a quelli già individuati dal decreto di novembre: i membri del governo, compresi i viceministri degli esteri, delle imprese e del made in Italy e dell’ambiente, il presidente della Conferenza delle regioni, il direttore dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, il presidente dell'Ice (Agenzia italiana per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane) e i rappresentanti di Cassa depositi e prestiti (Cdp), di Sace (il gruppo assicurativo-finanziario controllato dal ministero dell’Economia) e di Simest, società pubblica per il sostegno all’internazionalizzazione delle imprese italiane. Insomma, a sedere al tavolo saranno una sessantina di persone.

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"C'è un forte rischio di conflitto di interessi, perché siedono allo stesso tavolo gli enti finanziatori e i beneficiari come Eni e Snam"Simone Ogno - ReCommon

“C’è un forte rischio di conflitto di interessi – prosegue Ogno –, perché la cabina di regia mette insieme gli enti finanziatori come Cdp e Sace e gli enti beneficiari come Eni e Snam, che già godono di un rapporto privilegiato tra di loro e con il governo”. Colpisce poi la presenza di Leonardo, la società pubblica al primo posto in Europa per la produzione di armi. Quello della difesa non è contemplato ufficialmente tra gli ambiti di intervento del piano Mattei, ma in sede di conversione la maggioranza ha aggiunto al decreto la dicitura “partenariato nel settore aerospaziale”, assente dal testo originale.

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Il terzo settore spera di contare

Di contro, segnali positivi arrivano dall’inclusione dei rappresentanti delle organizzazioni della società civile impegnate nella cooperazione allo sviluppo: c’è l’Associazione delle ong italiane (Aoi), la Comunità di sant’Egidio, il Forum nazionale del terzo settore, la rete Link 2007 e la Società salesiana di san Giovanni Bosco. Se ne felicita Ivana Borsotto, presidente di Focsiv (Federazione degli organismi di volontariato internazionale di ispirazione cristiana), che partecipa al Forum del terzo settore: “Il piano Mattei non può non suscitare attenzione per la scelta del governo di impegnarsi direttamente su un tema importante e complesso come quello dello sviluppo dell’Africa e per l’intenzione di dare vita a un modello di partenariato vantaggioso per tutte le parti, lontano da logiche paternalistiche o predatorie”, spiega a lavialibera. “Ma lo si potrà valutare in funzione del rispetto di alcune condizioni: in primo luogo, sarà determinante la capacità di tradurre l’elenco delle iniziative previste in un sistema equilibrato di programmi e di progetti che distingua tra cooperazione allo sviluppo e promozione delle esportazioni e degli investimenti, o ancora tra approvvigionamento delle risorse naturali da una parte e tutela dell’ambiente e adattamento ai cambiamenti climatici dall’altra".

L'Italia è ancora lontana dall'impegno, assunto in sede Onu, di destinare lo 0,7% del reddito nazionale lordo agli aiuti allo sviluppo

In secondo luogo, continua, "serve un budget adeguato. Il punto di partenza non può che essere il rapido raggiungimento dell’impegno, assunto dall’Italia in sede Onu ben cinquant’anni fa, di dedicare lo 0,70 per cento del suo reddito nazionale lordo agli aiuti allo sviluppo”. Borsotto è anche portavoce della Campagna 070, che da più di due anni chiede alle istituzioni il raggiungimento di questo obiettivo. Obiettivo ancora lontanissimo: gli ultimi dati Ocse, relativi al 2022, posizionano l’Italia allo 0,32 per cento, e l’ultima legge di bilancio non lascia presagire miglioramenti. 

Fare da contrappeso

Rispetto alla promessa di un “nuovo” modello di cooperazione, Borsotto si mostra cauta: “La novità potrà essere apprezzata quando saranno definiti i primi progetti operativi, le risorse dedicate a ciascuna attività, chi le gestisce, a chi vengono assegnate nei paesi africani, a quali condizioni, le modalità di valutazione e di monitoraggio, assicurando la trasparenza dei flussi finanziari. Si potrà parlare di un nuovo modello se verrà perseguito e realizzato l’obiettivo dello sviluppo dei paesi africani più che quello dell’affermazione del ruolo strategico dell’Italia come hub energetico dell’Europa. Questo richiede una cooperazione di precisione, che valorizzi le specificità territoriali con progetti su misura e non a taglia unica, con una eccezione: in ogni caso è necessario il coinvolgimento e il protagonismo delle giovani generazioni e della società civile”.

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Serve anche un cambiamento di prospettiva e di narrativa sulle migrazioni: “Si ha l’impressione di vivere in un mondo capovolto – continua Borsotto –. Ci si domanda se con la cooperazione internazionale o con il Piano Mattei “li aiutiamo a casa loro”, nel retropensiero di contenere i flussi migratori. In realtà, sono “loro” che aiutano “noi” a casa “nostra”, prendendosi cura dei nostri anziani, costruendo le nostre case, sostenendo le nostre pensioni, lavorando nei nostri ristoranti, raccogliendo la nostra frutta, creando nuove imprese e quant’altro. E sono loro stessi che aiutano “sé stessi” a casa propria”. La presidente ricorda come, nel 2022, i flussi di rimesse dei migranti hanno portato nei paesi meno sviluppati oltre 600 miliardi di dollari, valore superiore a quello di tutti gli investimenti esteri diretti verso quei paesi e ben tre volte superiori ai 204 miliardi di aiuti allo sviluppo in essi investiti. 

"Altro che aiutarli a casa loro, sono loro che aiutano noi a casa nostra e che si aiutano a casa propria: i flussi di rimesse dei migranti verso i paesi d'origine sono di molto superiori ai nostri fondi per lo sviluppo"Ivana Borsotto - presidente Focsiv e portavoce campagna 070

La speranza è che la presenza di rappresentanti del terzo settore faccia da contrappeso rispetto agli interessi dei grossi attori industriali e garantisca una cooperazione veramente paritaria e non predatoria: “La cooperazione internazionale da sempre ha questo approccio – sottolinea Borsotto –. Non c’è cooperazione internazionale senza reciprocità, senza coprogettazione, senza fiducia e senza una profonda condivisione dell’analisi dei problemi. Cooperazione è politica estera dal basso, relazioni di comunità, di persone”. Resta da capire di quali poteri decisionali potrà effettivamente godere la cabina di regia e quali rapporti intratterrà con la struttura di missione in seno alla Presidenza del Consiglio, la cui composizione, invece, è ancora da definire.

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