2 dicembre 2023, Dubai. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni insieme al presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sisi durante un incontro alla Cop28
2 dicembre 2023, Dubai. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni insieme al presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sisi durante un incontro alla Cop28

Elezioni in Egitto, la vittoria di al-Sisi è una sconfitta per la democrazia

L'attuale presidente, al potere dal 2014, procede verso la riconferma dopo una tornata elettorale mai stata in discussione, con sfidanti deboli e candidati costretti a ritirarsi per le intimidazioni subite

Matteo Giusti

Matteo GiustiGiornalista

15 dicembre 2023

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Nessuna novità dalle elezioni presidenziali egiziane, che come ampiamente pronosticato alla vigilia porteranno a una schiacciante vittoria del presidente in carica Abdel-Fattah al-Sisi. I dati preliminari, in attesa che siano ufficializzati il 18 dicembre, parlano di una maggioranza che oscilla fra l’85 ed il 95 per cento dei votanti, lasciando agli altri tre contendenti poco più delle briciole. 

Africa, questione di interessi

In alcune roccaforti al-Sisi ha raggiunto anche il 98 per cento dei consensi, dimostrando come queste elezioni non siano altro che un referendum plebiscitario sulla sua presidenza. Al potere dal 2014, l’ex generale ha preso il controllo dell’Egitto con un colpo di stato organizzato per rovesciare Mohamed Morsi, il primo presidente eletto nella storia egiziana.
Dopo le primavere arabe del 2011 l’Egitto, sulla falsariga di Tunisia e Libia, aveva cacciato il presidente Hosni Mubarak, al potere dal 1981, quindi le prime elezioni avevano visto il trionfo del candidato dei Fratelli Musulmani, che avevano scelto una linea “intransigente” per guidare il grande paese arabo. 

Una corsa senza ostacoli

Abdel-Fattah al-Sisi era stato scelto da Morsi come ministro della Difesa, ma ben presto erano iniziate le proteste contro il suo governo. Nel 2014, dopo molti mesi di incertezza, l’esercito egiziano guidato da al-Sisi aveva deposto Morsi mettendolo agli arresti. Subito dopo, i Fratelli Musulmani erano stati dichiarati illegali e oggi sono considerati da Il Cairo alla stregua di una formazione terroristica.

Dal 2014 il generale al-Sisi aveva dominato la scena politica egiziana trionfando con una maggioranza bulgara alle elezioni del 2018: il suo governo non si è distinto per una grande apertura alle opposizioni, che sono spesso limitate nella loro azione democratica. Basti pensare che l’unico candidato “temibile” si è ritirato perché molti suoi collaboratori sono stati arrestati dai servizi segreti egiziani.

al-Sisi ha dominato gli ultimi anni della scena politica egiziana, trionfando con una maggioranza bulgara alle elezioni del 2018: il suo governo non si è distinto per una grande apertura alle opposizioni

Durante una conferenza stampa Ahmed al Tantawi, rappresentante del centrosinistra, ha denunciato le continue intimidazioni delle forze dell’ordine, ma alla fine ha dovuto rinunciare a correre alla presidenza. Un’altra candidata che poteva avere qualche chance, Gameela Ismail, ex volto pubblico della televisione di stato,  si è ritirata perché non ha trovato nessun finanziatore che sostenesse la sua campagna. 

Così alla fine soltanto tre candidati sono scesi in campo per affrontare al-Sisi: il socialdemocratico Farid Zahran, il segretario del Partito repubblicano Hazem Omar e il campione dei liberali Abdel-Sanad Yamama. Tre politici con scarsissimo seguito elettorale, praticamente sconosciuti al di fuori dal loro collegio. Omar può contare soltanto nell’appoggio elettorale di una parte dei cittadini di Alessandria d’Egitto, mentre Farid Zahran pesca nella buona società che guarda a sinistra, ma difficilmente uno di questi candidati supererà il 3 per cento dei voti. 

"Centinaia come Zaki e Regeni. L'Europa deve imporsi"

Le elezioni sono state anticipate di alcuni mesi perché si sarebbero dovute tenere nella prossima primavera. A volerlo è stato al-Sisi, perché consapevole che in questo momento il suo indice di gradimento è al massimo. Il leader egiziano si è ritagliato un posto d’onore anche al tavolo delle trattative per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, una situazione che sta preoccupando profondamente il popolo egiziano. La fragile economia de Il Cairo salterebbe in aria se dovesse accogliere i profughi palestinesi e questa grande situazione di incertezza mette a rischio il turismo, una delle più importanti fonti di introito per l’Egitto, seconda soltanto alle entrate per i diritti del Canale di Suez. 

Cercando un equilibrio internazionale

Inoltre, dal gennaio 2024 l’Egitto entrerà a far parte del gruppo Brics – un raggruppamento delle economia emergenti – composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa e questo può cambiare gli equilibri geopolitici del nord Africa e del Medio oriente. Insieme a Il Cairo, entreranno in questo nuovo gruppo anche Etiopia, Argentina, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Al-Sisi ha scelto di aderire per trovare una via d’uscita alla difficile situazione economica che sta attraversando il Paese, con Pechino che ha promesso nuovi e sostanziosi investimenti. In contemporanea, l’Egitto ha mantenuto ben saldo il rapporto sia con l’Unione europea sia con gli Stati Uniti, che considerano al-Sisi un interlocutore privilegiato per le trattative di pace in Medio oriente.

Conflitto israelo-palestinese, l'Africa spaccata a metà

Per l’Egitto, in particolare, i rapporti con gli Usa sono indispensabili per cercare di ottenere un nuovo prestito dal Fondo monetario internazionale, che sta ritardando l’arrivo delle risorse promesse nel 2022 in quanto rimprovera a Il Cairo di non aver attuato le necessarie riforme economiche e finanziarie per ristrutturare l’enorme debito pubblico.

L'Egitto sta attraversando una profonda crisi economica e attende con ansia un prestito miliardario dal Fondo monetario internazionale

L’organizzazione economica continua a sostenere che la Sterlina egiziana sia sopravvalutata, nonostante la doppia svalutazione del 2021 e del 2022. In effetti la moneta egiziana ha pochissimo appeal internazionale e fatica a mantenersi sul mercato del cambio. Il Fondo monetario internazionale chiede una nuova svalutazione così da sbloccare la prima tranche da 3 miliardi di dollari di prestito, denaro che comunque non è sufficiente a sostenere la spesa pubblica egiziana, anche a causa del conflitto nella Striscia di Gaza. Per questo  motivo l’Unione europea sta trattando un finanziamento di circa 9 miliardi di euro, fondamentale per sostenere le esangui casse egiziane. Un equilibrio fragile e delicato, che al-Sisi vuole guidare con il consueto pugno di ferro.

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