Dare una definizione sintetica di giustizia sociale non è semplice. Il concetto ha radici antiche e attraversa diverse branche del pensiero umano, dalla filosofia alla teologia, dalla politologia alle scienze sociali, dal diritto all’economia. Contributi più espliciti alla costruzione dell’idea di giustizia sociale sono arrivati, tra gli altri, da Sant’Agostino, Marx, Hayek, Rawls, Amartya Sen. In tempi recenti, l’espressione ‘giustizia sociale’ è entrata a pieno titolo nel dibattito politico, come complemento dei concetti di uguaglianza e libertà, correggendo un’idea di legalità che si traduce nel legalismo e nella repressione, e viaggiando in stretta connessione con il tema del lavoro, tanto che l’ILO (International Labour Organization) ne ha istituito la giornata internazionale (il 20 febbraio). L’idea di fondo è che non può esserci giustizia in un mondo attraversato da profonde disuguaglianze, dove gli esseri umani non hanno eguale accesso a cibo, sanità, istruzione e lavoro.
Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e dell’Associazione Libera, sostiene che “non c’è legalità senza giustizia sociale; se mancano i diritti sociali fondamentali (...), la legalità rischia di diventare un principio di esclusione e discriminazione” (La Stampa - 23 maggio 2021). Parole che riprendono quelle pronunciate, molti anni prima, dall’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini: “Non c’è libertà senza giustizia sociale”. D’altra parte, in Italia, la giustizia sociale è considerata un cardine dell’ordinamento, richiamato dall’articolo 3 della Costituzione, che affida alla Repubblica il compito di rimuovere “gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.