Foto di Conor O'Nolan/Unsplash
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Droghe, la rete Elide rilancia un approccio non repressivo: "Governare, non punire"

Il 1° febbraio a Napoli la rete di enti locali, associazioni e organizzazioni del terzo settore si ritrova per affrontare una questione "urgente e non più rinviabile" e per proporre un approccio diverso sull'utilizzo delle sostanze, senza criminalizzare e reprimere, ma sostenendo le politiche di riduzione del danno

Rita Rapisardi

Rita RapisardiGiornalista freelance

31 gennaio 2024

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Proporre un nuovo approccio sull’utilizzo delle droghe, diverso da quello repressivo (e fallimentare) sempre esistito in Italia e ancora oggi perpetrato dal governo guidato da Giorgia Meloni. È l’obiettivo principale della rete nazionale Elide, che riunisce istituzioni locali (i comuni di BariBologna, MilanoNapoli, Torino e la città metropolitana di Roma), realtà dell’associazionismo e del terzo settore, insieme per costruire una nuova narrativa sul tema.

Droghe, un anno di governo Meloni

Un percorso iniziato due anni fa, con la Rete che si è costituita ufficialmente la scorsa estate. “La doppia lettura del consumo di droghe, fino a oggi prevalente, in termini di devianza e patologia si è rivelata del tutto inadeguata sia per la lettura che per la gestione politica e sociale del fenomeno – si legge nella carta d’intenti della Rete, che trova i suoi rappresentanti negli assessori comunali –. Agli occhi degli amministratori locali si presenta, di contro, un fenomeno sociale diffuso, complesso e radicato nella vita sociale, segnato da rappresentazioni sociali e culturali dense di stigmi e pregiudizi”.

Criminalizzare non serve

Elide promuove politiche urbane basate su salute, inclusione e mediazione sociale rispetto all'utilizzo di droghe. Un netto cambio di paradigma che pone al centro l’idea che il consumo di sostanze non può essere eliminato, semmai va gestito curando la qualità della vita dei consumatori e valorizzando la prevenzione e la conoscenza dei rischi legati all’uso.

Elide promuove politiche urbane basate su salute, inclusione e mediazione sociale rispetto all'utilizzo di droghe

Il punto di partenza è che la criminalizzazione non ha risolto nulla, al contrario ha contribuito a segnare negativamente i contesti urbani, accentuato un clima di allarme, accresciuto lo stigma verso le persone che usano sostanze, acuito i conflitti tra cittadini e generazioni, e reso più difficili i processi di mediazione sociale. Tra i passi da compiere, quello più urgente è la riforma del “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza" (dpr n.309 del 9 ottobre 1990), nel segno della decriminalizzazione e delle alternative alla regolazione penale.

Dipendenze, non basta una pillola

Una questione "urgente e non più rinviabile”, che sarà discussa il 1° febbraio a Napoli in una giornata dal titolo “Governare non punire”. Elide, in collaborazione con le città coinvolte e le Asl, inizialmente in via sperimentale, punta a realizzare spazi quali: stanze per un uso sicuro e l'ampliamento del drug checking, cioè il controllo della sostanza, così da riconoscere il diritto alla salute dei consumatori; una consulta della notte, che si occupi anche di persone che non fanno uso di sostanze ma vogliono vivere una vita notturna sicura; un’area detentiva non solo per le persone che si trovano in carcere, ma anche per quelle che devono ancora entrarci.

L’Italia che proibisce e condanna

Dopo la Conferenza nazionale sulle droghe e le dipendenze organizzata a Genova nel 2021 e il Piano nazionale d’azione che ne è conseguito, i propositi di un cambiamento sono rimasti nel cassetto. Anzi, il governo Meloni ha deciso di procedere in direzione opposta, proibizionista e criminalizzante, proprio quando in Europa – l’ultima in ordine di tempo è la Germania – i parametri per affrontare l’argomento sono cambiati, con politiche di depenalizzazione e legalizzazione.

Spaccio e consumo di sostanze, il carcere non è la soluzione

Nel frattempo, si moltiplicano le sostanze psicoattive, diversi modelli di consumo e persone emarginate, la cui condizione è segnata dai processi di impoverimento che investono le città. A livello locale ciò che pesa è la criminalizzazione del fenomeno, spesso inserito in una lettura “emergenziale” e repressiva: “Esistono esperienze importanti in Europa a riguardo – spiega Stefano Vecchio, presidente del Forum Droghe – e come rete di comuni noi siamo arrivati più tardi. Il nostro modello è fondato sul sistema penale e sulla patologia: una scelta che non ha dato risultati, visto che le persone che utilizzano droghe sono aumentate. Servirebbero depenalizzazione e regolarizzazione”.

A livello locale ciò che pesa è la criminalizzazione del fenomeno, spesso inserito in una lettura “emergenziale” e repressiva

Le pratiche per tutelare la salute dei consumatori di sostanze sono riassunte sotto la dicitura di “riduzione del danno”, che è tra i Lea (Livelli essenziali di assistenza), dal 2017, ma che non trova oggi riscontro nelle realtà sanitarie. Ad esempio, garantendo l’accesso al welfare locale e alle politiche del lavoro e abitative, così come già previsto dalle Linee guida sui diritti umani e politiche delle droghe dell’Onu.

Droghe, prevenzione non pervenuta

“Per ora la Rete è piccola, ma si sta ingrandendo – spiega Caterina Pozzi, presidente del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca) – dentro ci sono assessori che credono sia possibile governare le droghe in maniera non repressiva. Attraverso gli enti locali si può pensare di fare innovazione e sperimentazione, se si sostengono politicamente le città che fanno parte della Rete possono proporre modelli alternativi, fare controcultura non solo a livello ideologico, ma con pratiche di governo”.

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