(Tim Marshall/Unsplash)
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Le parole di Lucarelli: baby gang

I giovani cambiano, come cambiano il mondo, la società, il crimine. Cambiano i delitti e i comportamenti di quelle che oggi chiamiamo baby gang. Ecco perché i discorsi già fatti e le etichette servono a poco

Carlo Lucarelli

Carlo LucarelliScrittore, sceneggiatore e conduttore televisivo

21 luglio 2021

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BABY GANG
(propr. "banda di bambini"; pl. babygangs ), usata in ital. come s. f. – Banda di giovanissimi che si rende responsabile di azioni di microcriminalità

Oggi non sarebbe considerata una vera e propria baby gang vista l’età dei componenti, ma allora i bambini restavano tali più a lungo, e così anche gli adolescenti, nonostante ci fosse stata la guerra ad accelerare le cose per tutti. E infatti Cronaca Nera, settimanale di cronache poliziesche - scienze occulte - criminologia, uno dei tabloid che alla soglia degli anni Cinquanta spacciavano morbosamente fattacci di nera come più tardi lo faranno quelli di gossip, mette come occhiello "Gioventù perduta a Ferrara", sopra il titolo "TRE RAGAZZI DI BONDENO", in maiuscolo e grassetto. 

Accade a Ferrara, ai primi di luglio del 1948. Il signor Arnaldo è il proprietario di un caffè del centro e quella sera è andato a sentire un concerto al liceo musicale. Non gli è piaciuto e così è uscito prima, tagliando per i vicoli per tornare a casa. È quasi arrivato quando si trova davanti due tizi che escono dall’ombra e gli sbarrano la strada. Gli chiedono di svuotarsi le tasche e consegnargli tutti i soldi che ha, se vuole riportare a casa la pelle. Il signor Arnaldo è un tipo robusto e deciso e quei due che gli stanno davanti, si vede subito, sono due ragazzini. E infatti Alberto ha diciassette anni e Nando appena diciotto, e lo conoscono anche, il signor Alberto, sono stati nel suo caffè e lo sanno che è un tipo così tosto, per cui si fanno subito da parte quando lui li spinge via ringhiando di non fare gli imbecilli. 

In ogni numero de lavialibera, lo scrittore Carlo Lucarelli analizza i significati di una parola

Dall’altra parte della strada, però, arriva Diego, 17 anni anche lui, che infila una mano in tasca e tira fuori una piccola automatica 6.35. La punta sul signor Armando e gli spara un colpo nella pancia. I tre ragazzi scappano via di corsa, ma intanto il cavalier Antonio, che prendeva il fresco sul balcone di casa sua, ha visto tutto e comincia a urlare. Si accendono le luci e si aprono le finestre sulla strada mentre i tre ragazzi cercano di scappare. Alberto e Nando saltano dentro un giardino e si infilano sotto un cespuglio, Diego attraversa l’androne di un palazzo e con una gomitata sfonda la vetrata che gli sbarra la via di fuga. Il rumore fa uscire di casa Tullio e Vanda, che se ne stavano nel tinello, dopo cena. Tullio vede un ragazzo che si sta allontanando tranquillamente, quasi fischiettando, ma c’è la vetrata a pezzi, tutto quel fragore nelle strade, così lo chiama dicendogli di fermarsi un momento, e allora Diego comincia a correre, e Tullio dietro. 

Volevano soltanto vivere, che significa divertirsi, stordirsi, godere per ingannare la loro paura di essere vivi

Sembra la scena di un bianco e nero tipo La banda Casaroli di Florestano Vancini, meno cruento, perché là Casaroli e i suoi si facevano strada sparando. Qui Diego getta via la pistola e poi anche un pettine, nell’assurda speranza che chi lo insegue si incuriosisca e si fermi a guardare. Invece Tullio continua e dopo pochi metri afferra il ragazzo che scappa. Qualche minuto più tardi la polizia chiamata da Vanda trova Alberto e Nando nascosti sotto al cespuglio e arresta anche loro. Il signor Arnaldo, ferito alla pancia, nel frattempo è morto in ospedale.

Parlando dei ragazzi, il settimanale si lancia in analisi e giudizi. Ricorda che Diego veniva considerato in paese "un vecchio fanciullo dall’espressione eternamente scontenta per una piega amara della bocca e una luce fosca degli occhi", anche se un giorno aveva salvato un compagno che stava annegando nel Panaro. Giustifica quell’etichetta, "gioventù perduta", col titolo del film di Pietro Germi uscito da poco nelle sale, che forse sarebbe stato meglio proibire per non provocare emulazione in giovani come questi, "fratelli di altri innumerevoli che conoscono la loro medesima disperazione, volevano soltanto vivere", che significa "divertirsi, stordirsi, godere per ingannare la loro paura di essere vivi". Sottolineando comunque che si tratta di giovani di famiglie per bene, gente modesta ma onesta. Diego stesso, l’assassino, faceva l’istituto tecnico di Bondeno ed era sempre il primo della classe.

Discorsi già sentiti, sia prima che dopo quella sera di luglio del 1948, anche adesso. E tutto questo non per dire che il mondo sia sempre stato così, i giovani così, e così la società, e che ci vuoi fare. I giovani non sono gli stessi ma cambiano, come cambia il mondo, cambia la società e cambia anche il crimine. Cambiano i delitti e i comportamenti di quelle che oggi chiamiamo baby gang. I discorsi già fatti servono a poco, come a poco servono le etichette. Soprattutto quella di "gioventù perduta".

BABY GANG
propr. "banda di bambini"; pl. baby gangs), usata in ital. come s. f. – Banda di giovanissimi che si rende responsabile di azioni di microcriminalità

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