Il sindaco di Modena, Gian Carlo Muzzarelli, ha segnalato ai carabinieri strane manovre sul progetto di una sala slot (foto ufficio stampa Comune di Modena)
Il sindaco di Modena, Gian Carlo Muzzarelli, ha segnalato ai carabinieri strane manovre sul progetto di una sala slot (foto ufficio stampa Comune di Modena)

Modena blocca la sala slot del boss e il sindaco denuncia l'affare

Le norme del Comune emiliano vogliono limitare l'azzardo patologico. Per superarli il presunto mafioso Grande Sarcone cercava agganci nella politica, ma Gian Carlo Muzzarelli ha segnalato le manovre ai carabinieri

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31 marzo 2021

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“Abbiamo imparato ad avere le antenne dritte, anche grazie al fondamentale dialogo con le istituzioni. Gli anticorpi alle infiltrazioni mafiose sono qui, nella società civile, nei cittadini e nelle imprese che capiscono l’importanza di segnalare ciò che può suonare strano”. Gian Carlo Muzzarelli, sindaco di Modena dal 2014, descrive con naturalezza i motivi che lo hanno spinto a denunciare. Le sue antenne si sono rivelate ricettive, respingendo sul nascere un affare che ruotava attorno alla costruzione di una sala da gioco, su cui voleva mettere le mani Giuseppe Grande Sarcone, "gravemente indiziato di essere uno degli attuali vertici dell’associazione di matrice ‘ndranghetista operante in Emilia", fratello di tre uomini, Nicolino, Gianluigi e Carmine, già arrestati e condannati come esponenti della ‘ndrangheta nel processo Aemilia. La denuncia ha rappresentato un pezzo importante del puzzle che gli inquirenti stavano ricostruendo sulle nuove dinamiche mafiose in provincia di Modena, dopo gli sconvolgimenti interni ai clan innescati dalle inchieste Aemilia e Grimilde. Le indagini sono sfociate nell’operazione Perseverance, scattata lo scorso 12 marzo, che ha interessato anche i territori delle province di Reggio Emilia, Ancona, Parma, Crotone, Milano, Prato, Pistoia e Latina, con 29 indagati e dieci misure cautelari personali.

Il contesto criminale di Modena

Storicamente il territorio della provincia di Modena, zona in cui il prodotto interno lordo per abitante è sopra la media europea, è sempre stato oggetto di interesse mafioso. Oltre ai Grande Aracri e ai Dragone di Cutro, dalla provincia crotonese si sono infiltrate le ‘ndrine degli Arena e dei Nicoscia di Isola Capo Rizzuto, dalla zona di Reggio Calabria i Barbaro, gli Strangio e i Nirta di San Luca, i Bellocco di Rosarno e i Gallo di Gioia Tauro, mentre dal cosentino sono giunti i Muto di Cetraro. Tra questi Salvatore Muto, arrestato nell’operazione Perseverance, fratello di Luigi e di Antonio, condannati in appello per associazione mafiosa nel processo Aemilia. Proprio dalle colonne del principale quotidiano locale, la Gazzetta di Modena, il giornalista Giovanni Tizian ha denunciato le attività criminali del gruppo capeggiato da Nicola Femia, ottenendo in cambio una serie di pesanti minacce.

Nella provincia hanno operato per diverso tempo anche elementi del clan dei Casalesi e dei Terracciano di Napoli. L’influenza camorrista si è fatta sentire in particolare nei territori fra Castelfranco Emilia, Nonantola, Mirandola e Maranello. Nel 2009 sono state arrestate circa 40 persone, alcune delle quali molto vicine al boss Francesco “Sandokan” Schiavone, attivi nelle estorsioni nei confronti degli imprenditori edili, nel controllo del gioco d’azzardo e nel riciclaggio. Negli ultimi anni le relazioni investigative segnalano come i clan camorristici, in primis proprio i Casalesi, abbiano continuato a interessarsi al settore degli appalti pubblici e al mercato immobiliare, in linea con un modus operandi sempre più “silente” e sommerso.

È in questo contesto che si inserisce l’operazione Perseverance, che descrive il tentativo del clan retto da Sarcone di radicarsi a Modena, dopo i colpi inferti dalle inchieste condotte dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna agli interessi dei Grande Aracri sulle altre province emiliane, in particolare la vicina Reggio Emilia. Per farlo l’organizzazione insegue un affare storicamente “a basso rischio ed elevato profitto”, secondo la definizione offerta dalla commissione parlamentare antimafia, ovvero lo sfruttamento del gioco d’azzardo. Ma incontra due grossi ostacoli: le normative locali e l'attenzione di un sindaco.

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Le normative locali che limitano l’azzardo

L’Emilia-Romagna si è dotata, come tutte le altre regioni, di una normativa specifica volta a contrastare il gioco d’azzardo patologico. È la legge 4 del 2013, poi integrata dalla legge 8 del 2018. Tra i tanti provvedimenti (clicca qui per approfondire) vi è il cosiddetto “distanziometro”: le sale da gioco e le sale scommesse non possono trovarsi a una distanza inferiore i 500 metri da alcuni “luoghi sensibili” come scuole, luoghi di culto, impianti sportivi, residenze sanitario o sociosanitario, strutture ricettive per categorie protette, luoghi di aggregazione giovanile e oratori. Ai comuni viene lasciata, inoltre, libertà di individuare ulteriori luoghi sensibili ai quali applicare le disposizioni, considerando l’impatto sul contesto sociale e sulla sicurezza urbana, ad esempio. In questo modo ogni amministrazione può classificare come sensibili dei luoghi che in altre realtà non lo sono.

Il Comune di Modena si è mostrato molto attivo sul fronte del contrasto al gioco d’azzardo patologico, anche grazie all’impegno dell’assessore Andrea Bosi, attuale vicepresidente di Avviso pubblico. Nel realizzare una certosina mappatura dei luoghi sensibili presenti sul proprio territorio, il Comune ne ha individuati circa 400. Per effetto di tali disposizioni, combinate con l’ordinanza sindacale che limita gli orari di funzionamento di slot machine e videolottery, l’offerta di gioco sul territorio ha subito un ridimensionamento: nel 2019 infatti si è registrato un calo di giocate pari a 23 milioni di euro.

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L’affare del boss

È in questo ambito che arriva sulla scena Giuseppe Grande Sarcone il quale, specifica l’ordinanza emessa dal Gip di Bologna, “ha sempre operato occultamente attraverso la strategia della fittizia intestazione di beni e quote societarie, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali”. La vicenda, evidenzia il giudice, è “esemplificativa non solo del tentativo di infiltrazione nel tessuto economico, ma anche di avvicinamento all’amministrazione comunale per ottenere un trattamento di favore”.

Sarcone infatti vuole fare affari nel settore dell’azzardo legale, aprendo una sala da gioco. Crea due società e le intesta ad altrettanti prestanome. Attraverso i servizi forniti da un intermediario, accreditatosi come esperto di giochi e scommesse, entra in contatto con società del settore, funzionari e tecnici, compresa la proprietà dello stabile in cui la sala dovrebbe sorgere. Tra i fiancheggiatori c’è anche un geometra, secondo gli inquirenti pienamente consapevole di chi fosse Sarcone e in constante contatto con lui. Ma ecco che l’affare si imbatte in due impedimenti. Il primo è burocratico, in merito al deposito di una errata pratica edilizia relativa allo stabile. Il secondo è sostanziale: la struttura è posta a meno di 500 metri dagli uffici di Equitalia, un luogo sensibile secondo il regolamento comunale.

Per superare questi scogli Sarcone e soci intendono agganciare l’amministrazione comunale. L’intermediario è convinto di avere a disposizione un canale di comunicazione (“ho trovato un carissimo amico del sindaco…”, dice al telefono, intercettato). Il conoscente del primo cittadino viene avvicinato in un ristorante da un uomo che gli chiede di “intercedere con il sindaco”. Muzzarelli viene informato e, anziché sottovalutare l'accaduto, decide di rivolgersi immediatamente al comandante del Nucleo investigativo dei Carabinieri. Una settimana dopo, siamo nel mese di agosto del 2019, per l’intermediario di Sarcone arriva la doccia fredda: “Il responso non era positivo – si legge nell’ordinanza del gip – per la manifesta opposizione politica riscontrata presso il Comune di Modena”.

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“Ringrazio la buona politica nella quale sono cresciuto”

Muzzarelli ha respinto al mittente l’avance mafiosa. Una decisione che non ha nulla di straordinario, ma appare significativa in un territorio che dista 50 chilometri da Brescello, primo Comune sciolto per infiltrazione mafiosa in Emilia-Romagna nel maggio del 2016. “La legalità per me è un valore, ringrazio la mia famiglia per l’educazione che ho ricevuto. Ma ringrazio anche la ‘buona politica’, nella quale sono cresciuto, e chi mi ha trasmesso il senso del rigore da perseguire quotidianamente nell’azione amministrativa”, sottolinea il sindaco. “Negli anni abbiamo attivato strumenti per sviluppare la prevenzione e rendere più efficaci i controlli. Dal 2018 è attivo il Tavolo della legalità in cui ci si confronta periodicamente e con continuità tra prefettura, comuni ed enti locali, questura, carabinieri e guardia di Finanza. Essere in rete con altri enti locali – conclude –, anche tramite Avviso Pubblico, ci consente inoltre di scambiare informazioni e buone prassi utili, prima ancora che a contrastare, a prevenire eventuali comportamenti criminali”.

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