
Non scomparse, ma uccise da uomini di 'ndrangheta

5 marzo 2021
Un anno fa Alexandra Geese, europarlamentare dei Verdi tedeschi, ci credeva ancora. "Con la pandemia il lavoro delle donne è diventato visibile e ho pensato: passata l’emergenza, le politiche di genere saranno finalmente al centro dell’agenda politica – racconta –. Ma quando si è trovato un accordo su NextGenerationEu, le donne sono state di nuovo dimenticate". Peggio: invece di contrastare le disuguaglianze esacerbate dalla pandemia, il Recovery plan europeo rischia di riprodurre le disparità esistenti, stanziando la maggior parte delle risorse in settori a prevalenza maschile. Per questo l’europarlamentare tedesca ha lanciato l’iniziativa Half of it – in Italia Il giusto mezzo – con cui chiede che la metà dei fondi previsti siano spesi per superare questa distanza.
I numeri le danno ragione. La situazione post lockdown è così drammatica da aver spinto gli economisti a parlare di "shecession", dalla fusione del pronome personale femminile she (lei) con la parola recession (recessione). In Italia sulle 444mila persone che hanno perso il lavoro in dieci mesi di pandemia, 312mila sono donne: il 70 per cento. Al Sud, nel secondo trimestre 2020, il tasso di disoccupazione femminile è salito tanto da annullare tutti i progressi fatti dopo la crisi del 2008.
NextGenerationEu prevede che ogni Stato membro investa il 37 per cento delle risorse per l’ambiente e il 20 nel digitale. Servirebbe una quota fissa anche per le politiche di genere?
L’ideale dovrebbe essere il 50 per cento delle risorse, visto che le donne pagano la metà delle imposte. Ma la questione è trasversale e deve riguardare tutti i settori economici. Nel digitale, ad esempio, le donne sono il 17 per cento e se guardiamo ai ruoli apicali la quota precipita ulteriormente. Chiediamo che le aziende destinatarie degli aiuti del Recovery plan presentino delle valutazioni di impatto di genere ex ante ed ex post per spiegare come intendono aumentare l’occupazione femminile.
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