'Ndrangheta in Valle d'Aosta: un comune sciolto e tre politici a processo

Dopo la decisione del Viminale, a Saint-Pierre (Valle d'Aosta) arrivano i commissari. Nella sua amministrazione un assessore era sostenuto da alcuni presunti mafiosi. Presto quel politico finirà davanti ai giudici insieme ad altri due eletti

Andrea Giambartolomei

Andrea GiambartolomeiRedattore lavialibera

Aggiornato il giorno 26 gennaio 2023

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Aggiornamento: il 19 luglio 2021 la Corte d'appello di Torino ha assolto l'ex assessore Marco Sorbara, condannato in primo grado dal Tribunale di Aosta a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. L'assoluzione è stata confermata anche dalla Corte di Cassazione il 25 gennaio 2023.

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Giovedì sera il Ministero dell’Interno ha deciso: l’amministrazione del Comune di Saint-Pierre, 3.200 abitanti a 731 metri di altezza in Valle d’Aosta, è stato infiltrato dalla ‘ndrangheta e per questa ragione deve essere commissariato. È una conseguenza dell’inchiesta “Geenna” che ha coinvolto Monica Carcea, assessore del piccolo comune, in stretti rapporti con uomini sospettati di appartenere all’organizzazione criminale calabrese. Il sindaco di Saint-Pierre, la giunta e il consiglio comunale, sebbene non sia indagati, lasceranno i loro incarichi. L’amministrazione passerà per 18 mesi nelle mani di tre commissari nominati dal presidente della Regione Valle d’Aosta che, per via dello statuto speciale, ha anche il ruolo di prefetto. “Lo scioglimento del comune di Saint-Pierre decreta di fatto la fine della percezione della Regione Valle D'Aosta come un'isola felice”, sostiene il coordinamento regionale di Libera.

Non sarà commissariata, invece, l’amministrazione di Aosta, come comunicato martedì 4 febbraio dalla presidenza della Regione. Secondo il Ministero, dall’attività della commissione di indagine prefettizia non sono emersi i presupposti necessari a procedere allo scioglimento. Le decisioni sono arrivate al termine di un iter avviato con l’operazione “Geenna”: il 23 gennaio 2019 i carabinieri del Gruppo di Aosta e del Raggruppamento operativo speciale (Ros) di Torino, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia, avevano arrestato 16 persone, molte delle quali accusate di associazione a delinquere di stampo mafioso. Tra i 16 arrestati figuravano pure i tre politici. Anche per questo nel marzo 2019 il presidente della Regione Antonio Fosson (dimessosi a dicembre perché coinvolto in un’altra indagine), in veste di prefetto, ha dato il via alla commissione di indagine che per sei mesi ha vagliato gli atti dei due comuni alla ricerca di prove di condizionamenti mafiosi.

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I politici indagati

I tre politici arrestati più di un anno fa finiranno a processo l’11 marzo davanti al Tribunale di Aosta. Oltre all’assessore di Saint-Pierre, Carcea, sono stati coinvolti anche il consigliere regionale valdostano Marco Sorbara (eletto nel 2018 dopo un periodo come assessore comunale ad Aosta) e Nicola Prettico, eletto nel 2015 consigliere comunale del capoluogo. Quest’ultimo è accusato di associazione mafiosa, ritenuto un esponente della locale di ‘ndrangheta di Aosta, mentre Sorbara e Carcea devono difendersi dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per aver sostenuto l’organizzazione. I tre politici avevano contatti strettissimi con due uomini accusati di associazione mafiosa, presunti esponenti della locale di ‘ndrangheta. Si tratta di Marco Fabrizio Di Donato e Antonio Raso, nella cui pizzeria “La rotonda” avvenivano incontri per organizzare le campagne elettorali. Grazie alla conoscenza di questi politici, i presunti ‘ndranghetisti erano entrati in contatto dell’allora presidente della Regione Augusto Rollandin (non indagato), rappresentante di rilievo dell’Union valdôtaine, partito che per molti anni ha detenuto il potere nella Vallée.

Un piano nato venti anni fa

Nell'Union si possono candidare tre o quattro calabresi, ma forse è l'unica mossa da fare. Ormai quella è rimasta, non c'è altro. Quattro o cinque che si candidano (...) ci prendiamo il partito dell'UnionSanto Pansera - presunto capobastone

Sembra che stesse per realizzarsi il piano di una vecchia conoscenza della magistratura, Santo Pansera, ritenuto un “capobastone” dei calabresi in Valle d’Aosta. Il 18 luglio 2000, nel corso dell’indagine “Lenzuolo”, gli investigatori avevano intercettato Pansera mentre parlava di un calabrese candidato con l’Unione valdôtaine che aveva ottenuto seicento voti: “Nell'Union si possono candidare tre o quattro calabresi, ma forse è l'unica mossa da fare. Ormai quella è rimasta, non c'è altro. Quattro o cinque che si candidano (...) ci prendiamo il partito dell'Union”. Una mossa utile a gestire potere e coltivare affari.

Quasi venti anni dopo, il gip del Tribunale di Torino Silvia Salvadori scriveva così nell’ordinanza di custodia cautelare dell’operazione “Geenna”: “Il programma criminoso consiste nel continuare a fare infiltrare i sodali dell’organizzazione (Prettico ne è l'esempio) e i soggetti contigui alla stessa ed eletti con i voti convogliati dagli associati nei massimi organi istituzionali e politici della Valle d'Aosta”. Questo avrebbe permesso “di favorire ditte e società legate o vicine all'organizzazione per ottenere lavori pubblici”, come è successo a Saint-Pierre dove Carcea aveva fatto ottenere l’appalto del trasporto scolastico a una ditta legata alla criminalità.

L’inchiesta “Geenna” si concentra sulle elezioni amministrative 2015, passate le quali Raso e Di Donato iniziano a pensare alle regionali 2018. I due indagati vogliono sostenere Ego Perron, altro politico dell’Uv nominato assessore regionale alle finanze nel 2018. Per lui (sospettato di associazione mafiosa) e per Valerio Lancerotto, ex assessore di Aosta ai lavori pubblici indagato di voto di scambio politico-mafioso, la Dda aveva chiesto l’archiviazione, ma il 31 gennaio scorso il gup ha ordinato ai pm di indagare per altri sei mesi. D’altronde su quelle elezioni regionali, e anche quelle politiche, il lavoro dei carabinieri era proseguito.

Egomnia

Gli investigatori hanno osservato gli incontri di altri candidati con Di Donato o i passaggi alla pizzeria “La Rotonda” per vedere Raso. Vengono stretti nuovi accordi e alcuni politici finiscono indagati per voto di scambio politico-mafioso: troviamo colui che diventa governatore nel 2019, l’ex Antonio Fosson; il futuro assessore Stefano Borrello (Stella Alpina); un ex presidente della regione come Laurent Viérin (Uv, e poi Union valdôtaine progressiste) e infine il consigliere regionale Luca Bianchi. È l’inchiesta “Egomnia”, emersa alla prima udienza preliminare del processo “Geenna”, un’indagine ancora in corso: “È quantomeno allarmante - scrivono i carabinieri in un’annotazione successiva al voto del 2018 - che gli ultimi tre presidenti della Regione autonoma Valle d’Aosta, e si rammenta che in Valle d’Aosta il presidente della Regione ha anche attribuzioni prefettizie, si incontrino anzi cerchino addirittura i due fratelli Di Donato, che in una piccola comunità come quella valdostana sono unanimemente riconosciuti appartenenti alla criminalità organizzata calabrese, o meglio sono identificati appartenenti alla famiglia Nirta”.

L’allarme del 2017...

Molti sospetti erano sorti in passato. Il 19 ottobre 2017 lacommissione parlamentare antimafia era andata in missione ad Aosta e la presidente Rosy Bindi aveva notato come fosse singolare “che in Valle d'Aosta non si sia indagato sul voto di scambio per accertare si ci sono stati tentativi di condizionamento sulle scelte politiche e amministrative”.

e le cause del 2007

Allora ti dico quanti calabresi ci sono in Valle d’Aosta: siamo un quarto della popolazione, siamo 32milaAntonio Raso - indagato per mafia

D’altronde i politici, in un periodo di ristrettezza economiche per le amministrazioni valdostane, potrebbero aver avuto la necessità di trovare nuovi interlocutori capaci di far confluire nuovi consensi. Lo nota Joselle Dagnes, ricercatrice di sociologia economica all'Università di Torino, in un articolo per la rivista Il Mulino: “Dopo una lunga fase di stabilità, caratterizzata dal dominio pressoché indiscusso dell’Union Valdôtaine, lo scenario politico è infatti profondamente mutato negli ultimi dieci anni, in coincidenza con il decremento della disponibilità economica della Regione”.

Nel 2007 vengono ridiscussi gli accordi finanziari tra Roma e Aosta e le enormi risorse destinate alla regione autonoma (che tratteneva nove decimi delle entrate fiscali) “ha destabilizzato un assetto che per lungo tempo si è retto sulla generosità delle istituzioni locali, grazie alla diffusione di incentivi, contributi e aiuti economici distribuiti su base individuale, e su un settore pubblico ipertrofico, al primo posto tra le regioni italiane per spesa pro capite e per numero di dipendenti”. Senza queste risorse servivano altri modi per “intercettare nuovi ‘pacchetti di voti’ disponibili sul territorio – scrive Dagnes -. I politici locali hanno dunque investito nell’interlocuzione con soggetti che si sono presentati (o sono stati percepiti) come portavoce di gruppi più o meno definiti e capaci di garantire un certo numero di voti”.

Dall’altra parte, ricorda ancora la ricercatrice, “i membri della locale di 'ndrangheta valdostana hanno sfruttato questa opportunità, anche esibendo strumentalmente una presunta capacità di influenzare l’orientamento degli elettori di origine calabrese, che in Valle d’Aosta costituiscono, secondo alcune stime, quasi un terzo della popolazione”. Diceva Antonio Raso a un interlocutore nel suo ristorante: “Allora ti dico quanti calabresi ci sono in Valle d’Aosta: siamo un quarto della popolazione, siamo 32mila”, questo a suo dire il peso politico dei suoi conterranei in una regione che conta 128mila abitanti circa, pari a quelli di un quartiere di una metropoli.

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