Il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese. Credits: Comune di Milano
Il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese. Credits: Comune di Milano

Riforma della cittadinanza, Lamorgese: "Tempi maturi"

Intervista al ministro dell'Interno Luciana Lamorgese su alcune sfide cruciali del momento: dai flussi migratori ai tentativi delle mafie di approfittare dell'emergenza Covid

Rosita Rijtano

Rosita RijtanoRedattrice lavialibera

Elena Ciccarello

Elena CiccarelloDirettrice responsabile lavialibera

12 ottobre 2020

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Riforma della cittadinanza? "I tempi sono maturi". Lo sostiene il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese che definisce il tema "strategico" per il Paese. Anche se, precisa, la norma "deve maturare in Parlamento" e "necessita di un'ampia maggioranza". Dopo aver incassato la modifica dei decreti sicurezza, il capo del Viminale concede un'intervista a lavialibera in cui affronta alcune sfide cruciali del momento: dai flussi migratori — "la cui gestione è diventata molto più difficile" — ai tentativi di mafie e gruppi criminali di approfittare dell'emergenza Covid per accaparrarsi "una fetta consistente di aiuti pubblici". 

"I tempi sono ormai maturi per dare una risposta ai tanti ragazzi e giovani, nati da genitori stranieri residenti stabilmente in Italia, che frequentano le nostre scuole e fanno parte integrante delle nostre comunità. La riforma è un tema strategico per il Paese"

Riforma dei decreti sicurezza: finalmente è arrivato il momento. Cosa cambia?
È stato un lavoro lungo e complesso che ha dato i suoi frutti. Abbiamo chiarito i casi in cui può essere concessa la protezione umanitaria, ampliato la convertibilità dei permessi di soggiorno per motivi di lavoro, reintrodotto la possibilità di avviare i richiedenti asilo a lavori di utilità sociale, ristabilito il diritto di iscrizione all’anagrafe per tutti i richiedenti protezione internazionale nonché accorciato i tempi per le risposte alle richieste di cittadinanza per naturalizzazione e matrimonio, passati da quattro a tre (comunque un anno in più rispetto ai due previsti prima dei decreti Salvini, ndr). Inoltre, abbiamo rimodulato il sistema di accoglienza, puntando sulle strutture diffuse sul territorio e privilegiando sempre una cornice di sicurezza in cui i migranti sono persone con documenti di riconoscimento e residenza accertata piuttosto che fantasmi dimenticati nelle nostre città e nelle nostre campagne.

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A proposito di fantasmi: sono oltre un milione le persone nate nel nostro Paese da genitori stranieri, che lo Stato continua a non considerare cittadine. È il momento di una riforma della cittadinanza?
Penso che i tempi siano ormai maturi per dare una risposta articolata ai tanti ragazzi e giovani, nati da genitori stranieri residenti stabilmente in Italia, che frequentano le nostre scuole e fanno parte integrante delle nostre comunità. La riforma è un tema strategico per il Paese. Deve maturare in Parlamento e necessita di un’ampia maggioranza per poter produrre una legge condivisa e duratura.

Le attribuiscono questa frase: “Bisogna accogliere nelle regole”. Ma nella realtà la possibilità di migrare legalmente in Italia è quasi nulla 
A metà settembre abbiamo sottoscritto con la Comunità di Sant’Egidio un protocollo per attivare un corridoio destinato a 300 richiedenti asilo presenti nell’isola di Lesbo. Sul tema delle evacuazioni e dei corridoi umanitari, l’impegno del Viminale è costante. È auspicabile che i canali di immigrazione regolare siano sempre più solidi per sottrarre molti migranti allo sfruttamento di mafie e di trafficanti di esseri umani.

La permanenza del migrante nello Stato membro di primo ingresso in attesa di rimpatrio, prevista dal nuovo patto Ue, su migrazione e asilo suscita interrogativi di carattere pratico e giuridico

Come giudica il nuovo Patto europeo su migrazione e asilo
È un passaggio atteso da diversi mesi con il quale è stata avviata una fase cruciale dei negoziati per la riforma della strategia migratoria dell'Unione. Stiamo esaminando attentamente i documenti presentati. Non è ancora quel netto superamento del sistema di Dublino da noi auspicato e che continueremo a chiedere. Ma ci sembra di cogliere elementi di discontinuità rispetto alle proposte degli scorsi anni. Adesso abbiamo una base di lavoro che ha molti aspetti interessanti e rappresenta un importante punto di partenza per l’intenso negoziato che abbiamo davanti. Merita un attento approfondimento anche la proposta di attribuire agli Stati membri diversi da quello di sbarco le responsabilità sui rimpatri: si tratta di uno schema condivisibile in linea di principio. Tuttavia, prevedendo la permanenza del migrante nello Stato membro di primo ingresso in attesa di rimpatrio, suscita interrogativi di carattere pratico e giuridico.

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Le violazioni dei diritti umani in Libia sono ormai un dato di fatto. Come possiamo continuare a stringere accordi?
La situazione è complessa e dobbiamo agire su più fronti. La stabilizzazione del Paese deve essere una priorità assoluta dell’Unione europea e dell’Italia. Dall'altra parte, c’è la necessità urgente di attivare operazioni di evacuazione dei migranti presenti nei centri gestiti dal governo libico attraverso corridoi umanitari organizzati dalla Ue e gestiti dalle agenzie dell’Onu e dell’Unhcr.

In molti lamentano che non ci sia stata una rottura definitiva rispetto alla linea adottata da Salvini — e prima ancora da Marco Minniti — sui migranti.
Non è così. Questo governo ha dovuto affrontare un incremento importante dei flussi migratori con molti sbarchi autonomi in Sicilia, in Calabria e in Sardegna la cui gestione è diventata molto più complessa anche a causa dell’emergenza Covid 19. Uno scenario inedito. Ci siamo attrezzati per tutelare le nostre comunità locali più esposte alle rotte seguite dai migranti. Abbiamo gestito in sicurezza migliaia di quarantene grazie all’impiego di navi traghetto noleggiate per tempo (nelle ultime ore l'Associazione per gli gli studi giuridici sull'immigrazione ha denunciato l'impiego delle navi anche per richiedenti asilo e titolari di protezione umanitaria, ndr). E soprattutto, anche in questa situazione molto difficile per il Paese, abbiamo sempre offerto la doverosa assistenza ai migranti salvati in mare.

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Si aspetta un ulteriore aumento degli ingressi irregolari nel nostro Paese nei prossimi mesi. E se sì da quali Paesi?
Negli ultimi due mesi sono stata a Tripoli, ad Algeri e due volte a Tunisi. Ma dobbiamo prestare molta attenzione anche ai flussi migratori che interessano le coste calabresi e pugliesi.

Altro fronte: nei mesi scorsi è stato più volte lanciato l'allarme sui vantaggi che la criminalità organizzata potrebbe trarre dal Covid. Cosa sta accadendo?
Gli occhi delle mafie sono puntati sugli ingenti finanziamenti messi in campo dal governo e presto anche dall'Unione europea. Con l'obiettivo di accaparrarsi una fetta consistente degli aiuti pubblici, la criminalità organizzata sta cercando di mettere le mani sulle imprese e su intere filiere. Lo dimostra il fatto che stiamo assistendo a una crescita del numero delle interdittive antimafia che bloccano l’attività della imprese sospettate di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata. Da agosto 2019 a luglio 2020, ne sono state adottate 1.865 contro le 1.491 dello stesso periodo degli anni precedenti. Siamo passati da 4 a più di 5 interdittive adottate ogni giorno dai prefetti.

Stiamo assistendo a una crescita del numero delle interdittive antimafia che bloccano l’attività della imprese sospettate di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata. Da agosto 2019 a luglio 2020, ne sono state adottate 1.865 contro le 1.491 dello stesso periodo degli anni precedenti

I bandi per l'assegnazione dei beni confiscati alla mafia vanno deserti, come è successo anche di recente a Napoli. Perché? 
I motivi sono diversi: le condizioni di grave degrado degli immobili, le criticità ambientali e le pressioni criminali, le dimensioni ridotte dell’ente locale interessato che non sempre ha adeguate capacità economiche e organizzative per sostenere i progetti di recupero, e la mancanza di un privato sociale in grado di intraprendere iniziative di valorizzazione del bene. Difficoltà che per essere adeguatamente affrontate necessitano di un'azione multilivello: istituzioni pubbliche, associazionismo e privato devono operare insieme.

Lei ha proposto di punire più severamente gli spacciatori recidivi: davvero pensa che sia quella la soluzione per affrontare la questione droghe?
Dal punto di vista della sicurezza, sì. Arrestare uno spacciatore, senza poi poter applicare la custodia cautelare in carcere, e il giorno dopo vederlo di nuovo vendere droga allo stesso angolo di strada incide fortemente sulle comunità locali. Ma c’è anche un altro fronte su cui operare: abbiamo varato una norma per il monitoraggio costante e l’oscuramento di quei siti web che vengono utilizzati per reati legati allo spaccio e al traffico di stupefacenti.

Grande attenzione è dedicata anche agli anarchici. Perché? 
Preoccupa la deriva radicale impressa dal cartello Federazione Anarchica Informale che negli ultimi anni ha rivendicato molti attentati. Fra cui, la spedizione di plichi esplosivi.

Che opinione hanno le nuove generazioni del ruolo dello Stato? 
Dipende da istituzioni, scuola, associazioni e famiglie saper trasmettere alle nuove generazioni un’idea rispettosa e costruttiva del ruolo dello Stato, senza la quale rischiano di essere vanificate le fondamenta stesse della convivenza civile e democratica. Ognuno deve fare la sua parte perché l’educazione civile alla legalità destinata alle giovani generazioni è un progetto globale. Che non ammette alibi. Come ha dimostrato, in questi 25 anni, anche l’opera della rete di associazioni, cooperative e movimenti che fanno capo a don Luigi Ciotti e a Libera.  

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