Covid-19, la politica deve guidare il cambiamento

Durante la pandemia solidarietà e senso di appartenenza alle comunità sono stati forti, mentre le istituzioni sono state capaci di guidare i cittadini. L'esperienza insegna però che, passata la paura, torna la spinta individuale

Rosy Bindi

Rosy BindiEx ministra della Salute, presidente Commissione antimafia nella XVII legislatura

10 settembre 2020

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"Saremo migliori!". È stata una delle frasi più ripetute nei mesi difficili che abbiamo vissuto e che stiamo ancora vivendo. Personalmente, ogni volta che la sento pronunciare, sono colta da un attacco di pessimismo: questa convinzione mi sembra mossa, più di ogni altra cosa, dal desiderio di rifugiarsi nella magia e di fuggire dalle proprie responsabilità. Il rischio che vedo piuttosto è che si verifichi esattamente il contrario, che si resti uguali a prima, se non addirittura peggiori. Vale per tutti questo rischio, e vale soprattutto per la politica.

Passata l’emergenza, finita la comunità. Sì, perché è soprattutto responsabilità della politica saper trarre una lezione da quanto è accaduto, dalle conseguenze che sono state provocate e soprattutto guidare il cambiamento del paradigma che ci ha condotti fin qui. Non sarà automatico che il singolo cittadino, le formazioni sociali, le imprese, la pubblica amministrazione, il corpo sociale comprendano e accolgano la sfida della metanoia che si impone. Soprattutto, non è scontato che si trovi la forza di realizzarla a fronte delle tante, troppe resistenze che già si sono manifestate.

È vero, nei mesi dell’ emergenza, mentre gli effetti della tragedia che ci aveva colpiti erano impressi nel nostro cuore e nella nostra mente, abbiamo assistito a manifestazioni di solidarietà e di senso di appartenenza comunitaria inaspettate e davvero edificanti. Inoltre, dobbiamo riconoscerlo, forse più che in altri tempi il Paese ha avvertito di non essere stato abbandonato. Il governo, la comunità scientifica, soprattutto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella hanno accompagnato il nostro quotidiano. Persino le istituzioni europee hanno dato segnali comunitari che da troppo tempo non avevamo più avvertito. Papa Francesco è stato riconosciuto come guida spirituale anche dai non credenti ed è stato di grande consolazione per tutti. L’Italia ha ricevuto riconoscimenti nelle sedi internazionali per il corretto comportamento dei suoi cittadini. I nostri rappresentanti istituzionali, non solo ci hanno risparmiato la vergogna di atteggiamenti e scelte compiute da altri capi di Stato, ma sono stati di esempio per altri Paesi. Tuttavia l’esperienza ci dice che, appena è passata la paura, è tornato forte l’istinto individualistico e la tentazione di ridisegnare la nostra vita secondo le antiche priorità.

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La politica è coraggio di scegliere. L’economia si riaffaccia più importante della salute, il profitto d’impresa prioritario rispetto al lavoro, la solidarietà tra le generazioni si scioglie nella movida dei più giovani, le forze politiche tornano ad abitare la tentazione di usare le difficoltà per trarre vantaggi elettorali, l’Europa comunitaria torna prigioniera dei rapporti di forza intergovernativi. E tutto questo mentre il virus è ancora tra noi, mentre in altre parti del mondo sta letteralmente compiendo una strage dei più poveri, dei più soli, mostrando con maggiore chiarezza la malattia più grave di cui soffre l’umanità: le disuguaglianze.

Non saremo migliori, se non avvertiamo l’imperativo di essere migliori, se non avremo il coraggio di guardare in faccia la malattia della quale soffriamo. La politica dovrà essere migliore e ritrovare se stessa. La politica è visione e non può essere prigioniera dei tatticismi. La politica è progetto e non può esaurirsi nell’azione di governo. La politica è cambiamento e non può soccombere per mano delle contraddizioni del presente. La politica guida e orienta i processi economici finanziari, non li subisce. La politica ha come fine la giustizia, non può rassegnarsi alle disuguaglianze. La politica deve perseguire il bene comune, non può rassegnarsi al furto di democrazia che la corruzione e le mafie compiono ogni giorno. La politica pratica metodi trasparenti, non può ridurre la semplificazione alla riduzione dei controlli di legalità. Alla politica è affidata custodia e promozione della dignità della persona e dell’integrità del creato, non può accettare discriminazioni e sfruttamento. La politica ha le dimensioni dei problemi che deve conoscere e deve risolvere; e se i problemi sono mondiali la politica non può accontentarsi o addirittura rivendicare strumenti nazionalistici. La politica è coraggio di scegliere, di guidare verso il cambiamento, non può accettare le resistenze.

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Non usciremo da questa crisi – anche se il vaccino, quando arriverà, potrà preservarci dal virus – se non avremo la forza di cambiare il logoro paradigma che ci ha condotti fin qui. Non si obietti che queste sono pretese velleitarie. Meno di cent’anni fa la politica ha saputo ricostruire un mondo distrutto dalla guerra e restituire libertà là dove c’era oppressione, democrazia dove c’era dittatura. Avvenne con un colpo di magia? No, fu il frutto di volontà politiche che condivisero un nuovo paradigma. Si realizzò in un giorno? No, ci vollero anni di profonde riforme che costarono fatica e sacrificio di vite umane, ma i risultati furono raggiunti. La storia non si replica, ma non si contraddice. E se vogliamo lasciarci alle spalle questa crisi, questa tragedia, davanti a noi non c’è il passato che l’ha prodotta, c’è il futuro che vogliamo.

Da lavialibera n°4 luglio/agosto 2020

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