Nel 1995 Libera ha raccolto le firme per il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie
Nel 1995 Libera ha raccolto le firme per il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie

Beni confiscati, ecco il bando per un rapido riutilizzo sociale degli immobili

L'Anbsc dà il via alla sperimentazione che potrà estendere anche a nuove realtà l'assegnazione in comodato d'uso gratuito per dieci anni. Potranno essere destinati anche a progetti sanitari e sportivi, lavorativi, culturali e di tutela alle persone. Un banco di prova importante

Tatiana Giannone

Tatiana GiannoneSettore beni confiscati e Università di Libera

4 agosto 2020

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Il 31 luglio l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc) ha pubblicato il primo bando per l'assegnazione diretta di immobili confiscati. Si tratta di una prima sperimentazione, che mette in pratica un articolo (il 48.3 lettera C bis) del Codice Antimafia e realizza quanto descritto nelle “Linee guida per l’amministrazione finalizzata alla destinazione degli immobili sequestrati e confiscati” che l'agenzia ha pubblicato nell'ottobre scorso. Proprio in questo documento il terzo settore è descritto come attore principale nel processo di recupero e riutilizzo dei beni confiscati, riprendendo la strada già tracciata da Libera con la legge 109 del 1996 (leggi la sua storia e la sua evoluzione).

Il bando, oltre a riconoscere ancora con più convinzione il valore etico del riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie, si ispira ai principi della coesione e della protezione sociale, dell'inclusione anche lavorativa e della cooperazione, della sostenibilità economica, e soprattutto ambientale. Principi che ritroviamo nella “Strategia nazionale per la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie attraverso le politiche di coesione” e che da venticinque anni guidano l'azione di promozione sociale e di animazione territoriale della rete associativa di Libera.

Ci sono già più di 850 soggetti gestori del mondo del terzo settore e del volontariato che hanno intrapreso un percorso di riutilizzo sociale di beni confiscati; proprio questo dimostra che attraverso il bando si potranno aprire le porte a nuove realtà, che potranno utilizzare le esperienze già consolidate come buone prassi e restituire alla collettività i beni sottratti dal potere mafioso.

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Il contenuto del bando

Il bando prevede l’assegnazione di mille lotti per un periodo di comodato d'uso gratuito di dieci anni, rinnovabili una sola volta. Già questo è un dato positivo: è un periodo di gestione più lungo rispetto a quello che si ritrova nella maggior parte dei regolamenti comunali sui beni confiscati. Il periodo di assegnazione inoltre potrà arrivare a trent'anni se il soggetto proponente dichiarerà la disponibilità a effettuare dei lavori di manutenzione straordinaria. La scadenza prevista è il 31 ottobre 2020, data entro la quale sarà possibile effettuare un sopralluogo sugli immobili confiscati, prenotandosi alla sede territoriale competente dell'Anbsc.

Gli enti locali, anche in questa procedura di assegnazione diretta, conservano un ruolo di primo piano: nel bando è stata inserita una clausola di preferenza per i progetti sostenuti dalle amministrazioni pubbliche che si impegnano ad acquisire la proprietà del bene. Un'altra possibilità prevista è quella di una semplice dichiarazione di intenti da parte dell'amministrazione comunale “che attesti la condivisione del progetto e la sua coerenza ed interoperabilità con gli strumenti di pianificazione e le iniziative attuate in ambito sociale dall’Ente”. Passaggio fondamentale, che richiama l'importanza che gli enti locali hanno nel riutilizzo pubblico e sociale degli immobili confiscati e nell'attivazione della comunità di riferimento, guidati sempre da un principio di trasparenza.

Sono cinque le aree di progettazione, tra le quali si potranno scegliere al massimo due diversi ambiti:

  • sociale, che include progetti con attenzione alla famiglia e alla disabilità; co-housing e sostegno della popolazione immigrata, il contrasto alla povertà educativa;

  • salute e prevenzione, che spazia dallo sport come strumento di cura fisica e di miglioramento delle relazioni, fino ad arrivare all'agricoltura sociale e alla tutela delle specie animali, temi di stringente attualità;

  • occupazione e ricerca, per sostenere delle progettazioni che siano attente all'inserimento lavorativo, alla formazione professionale e allo sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica con particolare attenzione al mondo del sociale;

  • cultura per la promozione di progetti rivolti alla valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale, per attività turistiche e per sostenere progetti per la memoria;

  • sicurezza e legalità con riguardo ad attività della Protezione civile, contro le devianze e a sostegno delle donne vittime di violenza.

La scelta che compirà l'agenzia non prevede che queste cinque diverse aree tematiche abbiano un valore di priorità tra loro, ma nella valutazione sarà data importanza alla pianificazione tecnica del progetto e alla sua sostenibilità economica. L'agenzia, inoltre, si impegna a sostenere anche economicamente alcuni dei progetti presentati, grazie alle risorse inserite nella legge di bilancio (legge n.160\2019) che prevede un fondo di un milione di euro annui, per il triennio 2020-2022; alcuni dei progetti selezionati, quindi, sulla base delle graduatorie finali, potranno contare su un contributo a fondo perduto per l'avvio dell'attività sociale pari ad un massimo di 50mila euro.

Da una prima lettura dei dati catastali si rileva una maggioranza di terreni (sono circa 536 quelli ad uso agricolo), seguiti dagli appartamenti in condominio (circa 213 particelle catastali). Ogni soggetto proponente potrà concorrere per un massimo di dieci lotti, che andranno rilevati nella loro interezza. Nello stesso elenco, non ci sono molte informazioni di dettaglio sullo stato del bene, per cui sarà fondamentale che il sopralluogo possa permettere a tutti i soggetti proponenti una valutazione efficace sulla sostenibilità economica anche delle misure di ristrutturazione e messa in sicurezza degli immobili.

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I beni confiscati come beni comuni

Tra la fase di sequestro e quella di assegnazione a una realtà del terzo settore passano in media dieci anni, un tempo lunghissimo che spesso deteriora il bene

Da una prima lettura dell'avviso pubblico e degli allegati, il lavoro di progettazione che si prospetta sarà impegnativo. Non si può non riconoscere che si tratta di una tappa nodale per un percorso di riconoscimento dei beni confiscati come beni comuni, strumenti per quei diritti fondamentali che sono alla base della lotta alle mafie e alla corruzione. È una chiamata forte alla responsabilità non solo di tutto il terzo settore, protagonista della progettazione territoriale, ma anche di tutti quelli enti pubblici che potranno scegliere di schierarsi contro la presenza delle mafie nei loro territori. Questa nuova modalità di bando potrà velocizzare l'iter di assegnazione dei beni confiscati e dare un nuovo impulso all’azione di coesione sociale svolta dal terzo settore, dal volontariato e dalla cooperazione. Dalle ultime rilevazioni di Libera, infatti, tra la fase di sequestro e quella di assegnazione a una realtà del terzo settore passano in media dieci anni, un tempo lunghissimo che spesso deteriora le caratteristiche del bene confiscato, rendendo più onerosa la messa in funzione di un immobile o di un terreno.

Una prima esperienza di bando così importante, dovrà essere sostenuta in tutto il suo iter dell'agenzia stessa e da tutto il partenariato economico e sociale che in questi anni si è impegnato su questi temi: dei meccanismi di controllo più stringenti non solo in fase di presentazione delle proposte, per rilevarne la validità non profit, ma anche nelle prime fasi di attivazione del progetto, che dovrà mantenere saldi i principi della cooperazione e della coesione sociale, sarà fondamentale per trasformare questa modalità in una buona prassi da replicare.

I prossimi mesi, allora, saranno un banco di prova importante per il mondo del volontariato e della cooperazione, che dovranno dimostrare, ancora una volta, quanto il riutilizzo sociale sia non solo un modo efficiente di gestire un bene confiscato, ma anche la piena realizzazione di un modello di sviluppo alternativo a quello mafioso.

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