Le città del futuro (2017): una delegazione di 600 sindaci a Montecitorio (flickr)
Le città del futuro (2017): una delegazione di 600 sindaci a Montecitorio (flickr)

Amministratori sotto tiro 2020. Ecco la mappa

L'ultimo rapporto di Avviso Pubblico ha censito intimidazioni nei confronti di appartenenti alla Pa in tutte le regioni italiane, con un aumento del 44% al Nord. Nella maggior parte dei casi si tratta di un sindaco di un territorio a tradizionale presenza mafiosa

Francesca Dalrì

Francesca DalrìGiornalista, il T quotidiano

22 giugno 2020

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Una minaccia ogni 15 ore per un totale di 559 atti intimidatori nel solo 2019. Le province coinvolte sono 83 (oltre il 75 per cento del territorio nazionale) e 336 i Comuni, il dato più alto mai registrato. Per il secondo anno di fila dall'inizio del monitoraggio nel 2010 sono stati censiti atti intimidatori in tutte le regioni italiane. È un quadro impietoso quello che emerge dal nono rapporto dell'associazione Avviso Pubblico dedicato agli Amministratori sotto tiro, oggi reso pubblico alla presenza del ministro degli Interni Luciana Lamorgese.

Tra i trend degli ultimi anni individuati dal rapporto – basato sull'analisi di notizie di quotidiani e agenzie di stampa e sulle segnalazioni dei coordinatori territoriali dell'associazione – ci sono l'aumento delle minacce al Nord Italia (passate dai 110 casi del 2015 ai 217 dell'ultimo anno, +44 per cento solo nell'ultimo anno), l'utilizzo dei social network (fino al 2015 assenti tra le tipologie di minacce) e il fenomeno delle aggressioni non provenienti da ambienti criminali, ma da comuni cittadini: "incertezza e ansia sono le parole che meglio descrivono l'Italia di oggi". Una situazione che desta particolare allarme anche a causa dell'emergenza sanitaria da coronavirus che negli ultimi mesi ha fatto registrare innumerevoli episodi di violenza nei confronti degli amministratori di tutta Italia.

La mappa e le storie degli amministratori sotto tiro

Nella seguente mappa realizzata da lavialibera sono riportati tutti gli episodi censiti da Avviso Pubblico nel 2019. Per facilità di visualizzazione sono stati divisi in cinque macrocategorie: danneggiamenti (ad auto, abitazioni, edifici pubblici), minacce (tramite biglietti, lettere, social networks), aggressioni (principalmente fisiche ma anche verbali), diffamazione e intimidazioni (in cui sono raggruppati i casi più gravi come l'invio di proiettili o parti di animali).

 

L'identikit dell'amministratore sotto tiro

Oltre l'80 per cento delle minacce rivolte agli amministratori nel 2019 ha riguardato uomini. L'identikit dell'amministratore sotto tiro è quello di un sindaco di un Comune superiore ai 20 mila abitanti di un territorio a tradizionale presenza mafiosa che viene aggredito fisicamente o al quale viene bruciata l'auto parcheggiata nei pressi della propria abitazione. Tuttavia destano allarme anche le minacce, dirette e indirette, rivolte alle amministratrici: il 16,5 per cento nel 2019 per un totale di 92 casi. Il dato, che quest'anno ha registrato un +2,5 per cento, è in costante aumento negli ultimi anni, un trend legato anche alla loro crescente presenza come sindaci, nelle giunte e nei consigli regionali. Ciò che fa la differenza nel loro caso è però l'utilizzo di minacce e offese via social networks che alludono spesso a questioni sessuali.

Il periodo più difficile è quello della campagna elettorale. A maggio dello scorso anno sono stati chiamati al voto la metà dei Comuni italiani. Tra marzo e maggio la media delle intimidazioni settimanali ha raggiunto quota 12 a fronte di una media annuale di 10,7 intimidazioni a settimana mentre aprile è stato il mese con il maggior numero di intimidazioni (58) in assoluto. Le minacce rivolte ai candidati alle elezioni amministrative sono raddoppiate in un anno passando dal 5,4 per cento del totale nel 2018 al 10 per cento dello scorso anno. Un vero danno alla democrazia se si considera che in più di un'occasione le intimidazioni hanno portato le vittime a decidere di ritirare o rinunciare alla propria candidatura. È quanto avvenuto, ad esempio, ad aprile 2019 a Tradate in provincia di Varese, dove dopo un'aggressione e il ritrovamento della scritta "morto" sul cofano della propria auto, il candidato sindaco Massimiliano Russo ha deciso di ritirarsi. Una pratica che non costituisce certo una novità: a Capua in provincia di Caserta, secondo quanto emerso da un'indagine condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, il clan dei Casalesi avrebbe condizionato lo svolgimento delle elezioni amministrative per il Consiglio comunale del 5 giugno 2016 e “grazie alla forza di intimidazione di Zagaria avrebbe indotto un avversario politico a ritirare la candidatura alla carica di consigliere comunale, picchiato da Zagaria stesso”. 

L'87 per cento delle intimidazioni censite sono state di tipo diretto (il dato più alto di sempre). Ciò significa che gli amministratori locali e il personale della Pubblica amministrazione (dirigenti e impiegati comunali, presidenti di enti pubblici e aziende partecipate) sono stati vittima diretta di questi atti. Solo nel 13 per cento dei casi le minacce sono stata indirette, ovvero rivolte a edifici pubblici (municipi, uffici o mezzi comunali adibiti al ciclo dei rifiuti, a servizi sanitari, elettrici e del trasporto pubblico) o, addirittura, a collaboratori e parenti (genitori, mogli, mariti, fratelli e sorelle).

Le motivazioni 

Ben 71 atti intimidatori (il 13 per cento circa del totale) si sono verificati in 40 Comuni che in passato sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa. Di questi, 14 si trovano in Campania, 9 in Calabria, 8 in Sicilia, 7 in Puglia e 2 in altre regioni. Tenendo conto sia dei nuovi provvedimenti che dei decreti di proroga di precedenti scioglimenti, il 2019 ha registrato il maggior numero di comuni sciolti per mafia dal 1991, anno di approvazione della normativa, con 21 consigli comunali coinvolti. 

Da alcuni anni il rapporto di Avviso Pubblico si sofferma anche sulle intimidazioni che giungono agli amministratori locali e al personale della Pubblica amministrazione da parte di comuni cittadini: 161 casi nel 2019, il 28,8 per cento del totale. Un terzo di questi episodi è riconducibile al malcontento suscitato da una scelta amministrativa sgradita, mentre un altro 18 per cento è ricondotto dal rapporto al disagio sociale, come la richiesta di un sussidio economico o problemi legati al lavoro. Nel 17 per cento dei casi si tratta invece di violenza politica, estremismi tanto di destra quanto di sinistra. Infine, 13 per cento dei casi è strettamente collegato a fenomeni di intolleranza nei confronti di migranti e dell'accoglienza ai rifugiati. 

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Le differenze regionali

Il 61 per cento dei casi è stato registrato al sud Italia, un dato stabile rispetto al 2018. Per il terzo anno consecutivo la Campania si conferma la regione con il maggior numero di intimidazioni a livello nazionale: 92 i casi censiti. Un primato che vale anche a livello provinciale: con 41 episodi, Napoli è la provincia italiana maggiormente soggetta a minacce e intimidazioni, un dato che pure è in calo del 13 per cento rispetto al 2018. Al secondo posto a livello provinciale si trova, invece, Roma con 24 casi. 

Per quanto riguarda la classifica regionale, al secondo posto troviamo la Puglia che con i suoi 71 casi ha fatto registrare il maggior incremento su tutta la penisola rispetto al 2018. Al terzo posto la Sicilia con 66 casi censiti, un dato in netta controtendenza rispetto al passato con un calo del 24 per cento. Subito dopo le regioni meridionali a tradizionale presenza mafiosa svetta la Lombardia (quinto posto) con 46 atti intimidatori registrati, un nuovo record per le regioni del centro-nord. Stabile il Lazio (36), in aumento l'Emilia-Romagna (29) e in calo la Toscana (24).

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Da nord a sud cambia anche il tipo di intimidazione

Le aggressioni e gli incendi rimangono le due principali tipologie di intimidazione messe in atto nei confronti degli amministratori locali (con il 18,6% dei casi totali per entrambe). Accanto a queste forme negli ultimi anni si registra un nuovo trend: l'aumento delle minacce via social networks (15 per cento). Per intimidire gli amministratori locali si utilizzano poi minacce verbali (12,6 per cento), l'inivio di lettere, biglietti e messaggi intimidatori (11,6 per cento), i danneggiamenti (8 per cento), le scritte offensive o minacciose (6 per cento). Nei casi peggiori troviamo l'invio di proiettili (4 per cento), l'utilizzo di ordigni, molotov ed esplosivi (2 per cento) e l'inivio di parti animali (1,6 per cento) come avvenuto a Pescasseroli, in provincia dell'Aquila, dove una testa di agnello scuoiata è stata recapitata al responsabile del servizio tecnico del Parco nazionale d’Abruzzo Andrea Gennai.

Si conferma anche per il 2019 la differenziazione nella tipologia di minacce fra nord e sud del Paese. Mentre nel Mezzogiorno si intimidisce in modo più evidente, al settentrione i mezzi sono meno eclatanti. Gli incendi, prima tipologia di minaccia al sud e nelle isole (un caso su quattro), rappresentano il 6 per cento nel centro-nord Italia. Al contrario, mentre al settentrione il mezzo più utilizzato sono i social networks (22,6 per cento), questo strumento è solo al quarto posto al sud (10 per cento).

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Un'altra differenza riguarda la dimensione dei Comuni: nei grandi centri (oltre i 50 mila abitanti), dove si concentrano un terzo delle intimidazioni, l'aggressione fisica è il mezzo più utilizzato, mentre in quelli di piccole e medie dimensioni la tipologia più diffusa è l'incendio. Ad ogni modo, c'è una tipologia di intimidazione che unisce il Paese: le aggressioni sono la seconda modalità più utilizzata tanto al centro-nord (18 per cento) quanto al sud e nelle isole (19,6 per cento).

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